L'uscita del ministro per la Transizione ecologica raccoglie consensi e critiche tra storici e intellettuali. L'ex titolare dell'Istruzione: "In un insegnamento di qualità c'è tutto ciò che può servire nella vita e nella professione che faranno. E semmai bisogna capire come la si insegna la storia in aula"
Qualche giorno fa è tornato all’attacco di Greta Thunberg e gli altri ragazzi che protestano a favore di politiche che contrastino il cambiamento climatico. Ora il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani si è infilato in un’altra polemica con i giovani e sui giovani. “A noi – ha detto al Tg2Post – serve più cultura tecnica a partire dalle scuole. Tra dieci anni ci serviranno i digital manager per la salute, per l’energia; lavori che nemmeno esistono oggi. Il problema è capire se continuiamo a fare tre-quattro volte le guerre puniche nel corso di dodici anni di scuola o se la facciamo una volta sola ma cominciamo a impartire un tipo di formazione un po’ più avanzata, a partire dalle lingue, dal digitale”. La filosofia del ministro ha spaccato gli storici, gli accademici, ma anche la stessa maggioranza di Governo. Dei conflitti combattuti tra Roma e Cartagine, Cingolani, aveva già parlato in un’altra occasione quando si chiese davanti ad altre telecamere: “Cosa hanno studiato a scuola i miei figli? Le guerre puniche, come me che ho 56 anni ma che appartengo alla generazione carta e penna”.
Sta con il ministro l’economista (e premier mancato) Carlo Cottarelli che su Twitter ha scritto: “Amo Scipione l’Africano e Quinto Fabio Massimo, il lago Trasimeno, Trebbia, Canne e Zama, la morte di Annibale e anche Delenda Carthago. Ho pure fatto il classico ma Cingolani ha ragione. Serve un po’ più di cultura tecnica nella nostra pubblica istruzione”. A favore è anche l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli: “Da storico dico che ha perfettamente ragione – sottolinea a Mattino24 – Io dovrei dire la storia non si tocca, invece penso che la storia a scuola vada fatta bene, fare più volte le guerre puniche significa farle male”. Viceversa un altro storico (della Chiesa) Alberto Melloni ritiene “la battaglia di Cingolani” sulle guerre puniche “di una involontaria comicità: un #delendaCarthago al quadrato fatta di luoghi comuni e #ignoratioelenchi”. L’editorialista del Corriere Antonio Polito ricorda che “in realtà le guerre puniche, con l’invenzione del congegno di abbordaggio sulle navi romane e il valico delle Alpi di Annibale, furono un trionfo della tecnologia”. E il conduttore tv Luca Telese: “Mi chiedo come mai Cingolani spari sciocchezze sulla pubblica istruzione. Se i nostri figli conoscessero davvero le guerre puniche saremmo a cavallo. Siamo passati dai critici che provano a mettere una contro l’altra le generazioni, a quelli che lo fanno con i saperi“. Sui social, qua e là sui social, c’è anche chi ricorda Adriano Olivetti.
Tra i perplessi c’è anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina che difende lo studio della storia in diverse età senza dimenticare l’importanza della tecnica.
Deputata Azzolina, è d’accordo con Cingolani? Ha un senso la proposta che ha fatto?
Non servono ragionamenti divisivi per quanto riguarda le discipline. Si può tranquillamente far studiare ai ragazzi le guerre puniche e ricordare loro che in futuro avremo anche necessità di lavoratori e di laureati che hanno una cultura tecnica e scientifica. Una scuola di qualità non separa ma insegna agli alunni tutto ciò che può servire loro nella vita e nella professione che faranno.
Cingolani dice che le guerre puniche si ripetono tre quattro volte nel corso dello studio di un ragazzo.
E’ lampante a chi sta in cattedra che si insegnano e si fanno studiare a livelli diversi. Un bambino della scuola primaria non ha le competenze di uno studente del liceo o di un istituto tecnico. Alla secondaria si approfondiscono gli argomenti anche attraverso la storiografia, lo studio di testi storici utili a comprendere le vicende in maniera diretta. La scuola non ripete gli stessi argomenti ma li esamina, li fa vivere in modo diverso, con una comprensione adatta ad ogni età.
Crede che abbia sbagliato?
Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni; per fortuna siamo in un Paese democratico. Certo è che più sei addentro alla scuola, più conosci il mondo dell’istruzione e la professione del docente, più hai ragione di parlarne. Resta il fatto che ciascuno di noi può avere le idee che vuole.
Il ministro si è dimenticato di un aspetto importante: la didattica.
Sì proprio così. Tant’è che appena insediata al ministero di viale Trastevere, a gennaio, avevo pensato di istituire una commissione che si occupasse di come si insegna la storia a scuola. E’ un aspetto importante che non possiamo assolutamente tralasciare. Per vivere il nostro futuro abbiamo bisogno di conoscere le nostre radici. Se non si studia la storia, se non sai cos’è la Shoah poi ti ritrovi i no vax che protestano travestendosi da prigionieri dei campi di concentramento e sterminio. Quando ho visto quelle orribili immagini ho pensato che queste persone non conoscessero la storia altrimenti non potevano fare quella messa in scena.