La Asur Marche é inadempiente in merito alle dovute verifiche sul farmaco letale: la sentenza del Tribunale di Ancona a giugno aveva disposto di "verificare se le modalità, la metodica ed il farmaco fossero idonei a garantire la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile", ma la relazione ancora non c'è. Secondo l’iter stabilito dalla Consulta, è l’ultimo passaggio da effettuare prima di poter accedere legalmente alla morte medicalmente assistita
È il primo paziente in Italia ad aver ottenuto il via libera ad accedere al suicidio assistito, dopo oltre un anno di ricorsi giudiziari e diffide. Ma la battaglia di Mario, 43enne malato tetraplegico marchigiano, non è ancora finita: dopo aver ottenuto il parere favorevole del Comitato Etico sulla presenza dei quattro requisiti per l’accesso al suicidio assistito, stabiliti dalla Corte costituzionale nella sentenza Cappato/Antoniani del 2019 sul caso di Dj Fabo, è stato costretto a diffidare nuovamente la Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale) Marche, perché inadempiente in merito alle dovute verifiche sul farmaco letale. “La trappola burocratica è in atto. A Mario è stato riconosciuto un diritto ma non può esercitarlo”, spiega Filomena Gallo, co-difensore di Mario e segretario dell’Associazione Coscioni.
La sentenza del Tribunale di Ancona del 9 giugno scorso ha disposto che l’azienda sanitaria verificasse “l’effettiva idoneità ed efficacia della modalità, della metodica e del farmaco prescelti dall’istante per assicurarsi la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”, come previsto sempre dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019. L’Asur però non ha mai provveduto. Nel frattempo, sempre su disposizione del Tribunale, è arrivato il parere del Comitato etico della Regione Marche che ha accertato la sussistenza dei quattro parametri dettati dalla Consulta. Ma allo stesso tempo il Comitato non ha potuto esprimersi in merito alla “metodica, il farmaco e le modalità di esecuzione”, in assenza appunto della Relazione di verifica effettuata dai medici nominati dall’azienda sanitaria regionale delle Marche. Questo è, infatti, l’ultimo passaggio da effettuare prima di poter accedere legalmente alla morte medicalmente assistita, secondo l’iter stabilito dalla Consulta.
Mario ha dunque diffidato nuovamente l’Asur “ad effettuare come previsto dal Tribunale di Ancona in tempi brevissimi le dovute verifiche sulla modalità, la metodica e il farmaco idonei a garantire la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”. “Alla luce di questi ritardi ingiustificati e ostruzionistici rispetto al diritto di Mario alla verifica di tutte le condizioni necessarie per l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita, con i colleghi del collegio legale abbiamo provveduto, su indicazioni di Mario, ad inviare un’ulteriore diffida per mettere in mora l’Asur”, ha spiegato Filomena Gallo.
Per “facilitare tale operazione, che per legge incombe sull’azienda sanitaria, il collegio legale – ha proseguito – ha nominato un consulente medico di parte nella persona di Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby, allegando alla diffida la sua relazione completa di indicazioni sull’idoneità del farmaco indicato e la procedura. Si configurano ormai precise responsabilità per l’omissione dell’intera esecuzione dell’ordine del Tribunale di Ancona. Omissione che determina un danno grave e irreparabile al signor Mario la cui situazione di salute e sofferenza in 15 mesi è aumentata“. Con una nota dello scorso 23 novembre, la Regione Marche dichiarava che “sarà il Tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico di 43 anni potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito”. Su questo in realtà il Tribunale di Ancona “si era, come detto, già chiaramente espresso – conclude Gallo – ordinando all’Asur Marche di accertare se le modalità, la metodica ed il farmaco fossero idonei a garantire a Mario la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”.