In pochi avrebbero potuto prevedere che la parola chiave ripetuta in maniera quasi ossessiva da due leader liberali ed europeisti come Mario Draghi ed Emmanuel Macron, freschi di accordo sul Trattato del Quirinale, potesse essere “sovranismo”. Soprattutto se, come è successo, il termine non viene usato con un’accezione negativa, bensì come strada maestra da seguire per un futuro di sviluppo e prosperità per i due Paesi e l’intera Unione. Niente a che fare, però, con l’euroscetticismo proposto in questi anni da altri partiti o governi europei, bensì l’idea di rafforzare internamente l’Unione, sia con un maggior controllo delle frontiere esterne, politica già evidentemente messa in atto soprattutto sul fronte orientale, dove è in corso quella che è stata più volte definita una “guerra ibrida” sulla pelle dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, che con una minor influenza, almeno da quanto dichiarato, dei Paesi terzi: con il pensiero che va inevitabilmente a Russia, Cina e anche, probabilmente, Stati Uniti.
Lo ha ripetuto più volte Draghi, ha fatto lo stesso Macron: “Vogliamo un’Europa più forte, più unita e più sovrana“, hanno detto. Con il premier italiano che ha poi precisato: “Sovranità europea significa disegnare il futuro come lo vogliamo noi europei, non come lo vogliono gli altri. Per questo serve controllare i confini, gettare le basi per una difesa europea che è complementare, e non sostitutiva, della Nato“.
Per quanto riguarda le migrazioni, oltre al controllo delle frontiere sarà necessario, si legge nel documento finale, che le parti s’impegnino a “sostenere una politica migratoria e d’asilo europea e politiche d’integrazione basate sui principi di responsabilità e di solidarietà condivise tra gli Stati membri, che tengano pienamente conto della particolarità dei flussi migratori verso le loro rispettive frontiere, marittime come terrestri, così come su un partenariato con i Paesi terzi d’origine e di transito dei flussi migratori”. Su questo punto resta da capire se la Francia sia disposta ad allinearsi definitivamente e apertamente alla linea europea e delle Nazioni Unite sul dossier libico.
“Sovranità europea significa disegnare il futuro come lo vogliamo noi europei” è però una frase che significa anche altro. L’Italia, e soprattutto la Francia, vogliono mettersi a capo del rilancio del progetto europeo in una versione di sempre minore dipendenza, o influenza, da parte delle grandi potenze mondiali. Chi è vicino al dossier assicura che è proprio questo l’obiettivo del presidente Macron: rimettere la Francia al vertice del piano comunitario. E per farlo ha bisogno anche di ridisegnare e rimarcare i confini tra i 27 Stati membri e gli altri attori internazionali. Innanzitutto la Cina, che da un punto di vista commerciale e infrastrutturale ha negli anni allungato le mani sul Vecchio Continente, stipulando accordi con aziende e diversi governi comunitari, dai proficui scambi con un Paese leader come la Germania fino alla Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta.
C’è poi il fronte russo che preoccupa su diversi aspetti. La pressione di Mosca sul confine orientale è quello che preoccupa maggiormente nel breve termine. La crisi migratoria ala frontiera con la Bielorussia e le nuove minacce alle porte dei Paesi Baltici, per non parlare di quelle in Ucraina, preoccupano Bruxelles. Senza dimenticare le accuse di collegamenti tra il Cremlino e alcuni importanti formazioni politiche europee. A questo si aggiunge il problema della dipendenza dal gas russo che, con l’inasprimento della crisi tra i due blocchi, con l’Unione europea che ha rinnovato recentemente le sanzioni a Mosca, ha conosciuto un rialzo repentino dei prezzi.
Infine, le parole dei due leader potrebbero sancire anche una nuova indipendenza dagli Stati Uniti, che rimangono comunque il principale alleato oltre che Paese leader della Nato. La presidenza Trump e il promesso e mai pienamente realizzato cambio di rotta della nuova amministrazione Biden hanno contribuito alla creazione di una nuova consapevolezza nelle cancellerie europee che, così, hanno capito come l’alleanza con gli Stati Uniti non possa essere messa in discussione ma, allo stesso tempo, non possa nemmeno diventare un rapporto di subalternità di Bruxelles a Washington.
Questo trattato si affianca a quello che Parigi ha rinnovato pochi anni fa con Berlino, rafforzando lo storico asse franco-tedesco che, però, per Macron non è più sufficiente nel panorama europeo. Senza considerare che in Germania siamo all’alba di una nuova era politica, con un’alleanza di sinistra pronta a subentrare dopo 16 anni di governo Merkel. Su questo, Macron in conferenza stampa ha glissato: “Angela Merkel è ancora alla guida del governo. Ho troppo rispetto e amicizia per lei per parlare adesso di nuovi alleati”. La verità è che il nuovo esecutivo retto dalla “coalizione semaforo” Spd, Verdi e Liberali rappresenta al momento un’incognita anche per Parigi che, così, guarda all’Italia per presentarsi in Europa con un forte alleato a suo fianco, soprattutto sulle questioni riguardanti le regole di bilancio, con Parigi e Roma che sottolineano la necessità di una riforma spinta dalla pandemia, posizione non scontata, invece, se si pensa al nuovo esecutivo tedesco.
Inoltre, Macron è cosciente del fatto che non possono essere più solo Francia e Germania a dettare la linea europea e la volontà dell’Eliseo è quella di riportare Roma a un ruolo attivo al tavolo dei grandi. Così, la Francia si candida a diventare l’anello di congiunzione (e il vertice?) di una nuova grande alleanza europeista che orienti le politiche dell’intera Unione. Anche per questo nel testo del Trattato si specifica che “le Parti favoriscono, ove appropriato e nel quadro previsto dai Trattati dell’Unione europea, un più esteso ricorso al sistema della maggioranza qualificata per l’assunzione di decisioni nel Consiglio”. Basta, quindi, con l’ostruzionismo dei singoli governi: il nuovo sovranismo europeo non ha tempo da perdere.