Con i miei studenti del corso di Illustrazione Ied, dopo aver scartato altri argomenti, abbiamo deciso di occuparci di sessualità per il lavoro di fine anno. In un vivacissimo brain storming, i ragazzi hanno proposto vari temi inerenti al loro rapporto con il sesso a 18 anni. Dopo un primo giustificato imbarazzo, si sono scatenati senza veli e con tanta ironia. Tanta è la voglia di parlare di sesso e dintorni con un adulto? È la prima domanda che mi sono fatta.

Katia ha dato un titolo al suo lavoro: Fantasie sessuali proibite. “Per noi ragazze è difficilissimo svelare ai nostri compagni, maschi o femmine che siano, le fantasie più profonde… e io vorrei parlarne nel mio libro”.

Marcello ha ipotizzato di creare un vero e proprio gioco di ruolo sulle malattie sessuali. “Gonorrea la vedo come un personaggio pericolosissimo perché molto resistente alle terapie. Me la immagino vestita di nero, con il cappuccio abbassato. Clamidia, sua sorella, non è meno minacciosa. Il manuale sarà corredato da una confezione di preservativi che potrebbe essere utile ai fruitori adolescenti del mio gioco… vede Prof, tra noi girano un sacco di malattie veneree e il mio libro potrebbe servire ai miei coetanei per riflettere”.

Paola invece vuole occuparsi di una particolare forma di asessualità. Mi spiega come a volte il sesso sia un ostacolo in una coppia. “Addirittura un ostacolo? Perché?” mi stupisco. “Perché alcune ragazze come me hanno paura di non essere abbastanza ‘brave’ nella prestazione erotica, di essere banali o goffe, o senza fantasia. Di conseguenza il maschio può stufarsi e abbandonarle per andare con un’altra, magari meno amata, ma più esperta in giochi erotici”.

“Ai maschi succede la stessa cosa?” domando. Matteo dice di sì, come altri compagni che annuiscono. “Anche per noi essere esperti in materia di sesso paga… se non sei bravo ti considerano uno sfigato. Le ragazze oggi sono così esigenti che l’ansia da prestazione è altissima e più ancora la paura di fallire”. Aiuto! Mi torna in mente il medico di base che mi confessò anni addietro di essere assalito da richieste di Viagra da sedicenni.

“E dunque qual è la soluzione?” chiedo a Paola. “Semplice, abolire il sesso, stare insieme romanticamente come amici amorosi, uscire, andare al cinema, convivere senza ansie sessuali… così c’è la garanzia che sia amore vero, duraturo nel tempo. Per me conta soprattutto avere un compagno che mi ami per quello che sono, anche se non sono una pornostar… Dunque scriverò e illustrerò la mia storia personale su questo tema, se le va bene, Prof”. Mi va molto bene. Tre asessuali nel mio corso, per ragioni diverse, non sono pochi! E pensare che gli adulti si immaginano gli adolescenti come maniaci di sesso, videogiochi e droghe…

Rifletto e discuto con i ragazzi se il motivo di questa disaffezione alla pratica sessuale non sia a causa dell’ipersessualizzazione della nostra società attraverso il porno, che è ormai una delle industrie più economicamente proficue del web. A nove anni puoi andare facilmente su YouPorn, basta mentire sul fatto che sei maggiorenne. E se i genitori ti bloccano con il parental control, il sabato pomeriggio vai dal primo amico che capita e a merenda ti guardi i video in santa pace. Ma – e questo è il punto vero – con reazioni spesso traumatiche. Oggi come oggi, la prima esperienza visiva erotica di un bambino può essere violenta, sessista e paurosa. Amare una donna o un uomo appare come qualcosa di oscuro, bestiale, meccanico. Con i genitori (sempre più timidi e silenziosi in fatto di educazione sessuale) non si parla, con i maestri idem e il sesso finisce per diventare un incubo da web, una fonte di ansia grave per i nostri ragazzi, apparentemente smart, indipendenti, aggressivi, ma in realtà fragilissimi e desiderosi di essere amati per quello che sono.

Perché allora non parlarne in un corso di arte, mi sono domandata? È possibile che proprio attraverso la creazione artistica (parola più immagine), un ragazzo o una ragazza trovi finalmente l’agio e il coraggio di esprimere liberamente le proprie ansie ed emozioni sessuali e amorose?

La mia è una vera sfida, ma già in passato ho lavorato col bisturi sulle emozioni più profonde dei bambini per scrivere i miei libri. Ma non voglio che ci siano equivoci. Io insegno pittura e scrittura. “Ehi ragazzi,” dico “non crediate di aver trovato la confidente psicologa-sessuologa a scuola, il vostro dovere qui dentro è disegnare bene e scrivere meglio. Sono pagata per insegnarvi a diventare autori!”

Ridiamo tutti. E i ragazzi si buttano a schizzare, colorare, a fare trattamenti, storyboard e schemi, a usare il cellulare per catturare immagini inerenti al loro lavoro. Lavorano con entusiasmo perché possono finalmente raccontare di sé. Tornano a sorridere dopo un anno nero di clausura sanitaria. Li osservo e mi commuovo. La mano che brandisce matite e pennelli si scioglie, si scatena, perché prima ancora si sono scongelati cuore e cervello.

A questo serve la scuola, rifletto. O no?

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