Il Corridoio Vasariano fino al 2016 contava 500 opere d'arte, dallo stesso Vasari a Elisabeth Chaplin e Patti Smith. Poi è stato chiuso per lavori e quando riaprirà non avrà più i quadri. Invece alcune decine di questi dipinti saranno in esposizione al Bund One Art Museum di Shanghai
Tra meno di un anno la Galleria degli Uffizi “impacchetterà” alcune decine di quadri e li spedirà in Cina, a Shanghai per la precisione. Sarà la seconda mostra frutto del recente accordo tra il museo fiorentino e il Bund One Art Museum per organizzare 10 esposizioni, dal 2022 al 2027. Dopo Botticelli, protagonista già nella primavera prossima, toccherà poi agli Autoritratti, una collezione di quasi 2mila pezzi, unica al mondo, prestigiosa, dalle antiche origini. Fu infatti il cardinale Leopoldo de’ Medici, figlio del Granduca Cosimo II, a iniziare questa particolare collezione a metà XVII secolo, che nell’inventario del 1704 contava già 180 pezzi, saliti a 1040 nel 1979, e dei quali oltre 500 venivano stabilmente esposti del Corridoio Vasariano tra il 1973 e il 2016. La riapertura – dopo dei lunghi lavori – è annunciata per il 2022, ma sarà senza quadri.
Il Corridore – come anticamente era chiamato il percorso sopraelevato progettato su ordine di Cosimo I de’ Medici e realizzato da Giorgio Vasari in soli cinque mesi nel 1565 – era al tempo stesso un’appendice del museo e una sorta di wunderkammer, dove i pochi visitatori ammessi (non era una questione di prezzo, ma di accessibilità) all’inizio passavano in rassegna due ali di pitture del Seicento e Settecento e poi scoprivano l’originalità e il grande appeal di una consistente porzione della collezioni degli Autoritratti potendone ammirare oltre 500, tutti insieme, da vicino, ordinati cronologicamente, dai Gaddi e Giorgio Vasari ai tre dipinti di Elisabeth Chaplin. Non c’erano solo dipinti su tavola e su tela, ma anche qualche scultura, alcuni disegni, raramente delle fotografie e altri materiali. Da Chagall a Fattori, fino a Carrà, Balla, de Chirico, Ligabue: era come scorrere le pagine di un manuale di storia dell’arte che arrivava fino ai giorni nostri. Perché nella parte finale del Vasariano, al bivio che conduceva verso la Grotta del Buontalenti del Giardino di Boboli da un lato e verso le sale della Galleria Palatina di Palazzo Pitti dall’altro, vi erano anche opere di artisti viventi come Mario Ceroli, Giulio Paolini, Patti Smith e Bill Viola, tanto per citare qualche esempio.
Oggi tutto questo non esiste più perché il Corridoio è stato svuotato dei quadri – motivi di conservazione, è stato detto, lasciando intendere che i danni patiti dalle opere negli ultimi 40 anni sarebbero superiori di quelli degli ultimi tre, quattro, cinque secoli… – per consentire la realizzazione di nuove uscite di sicurezza che permetteranno un’accessibilità maggiore che in passato. Questa evidentemente frutterà più soldi, ma chi si potrà permettere il prezzo del biglietto a 45 euro, all’interno non vedrà neanche un Autoritratto, ma solo opere di materiali insensibili alle escursioni termiche, come le lapidee, gli affreschi staccati. Insomma, sarà facile immaginare la delusione del visitatore che una volta aveva ammirato il Corridoio Vasariano con oltre 700 dipinti e oggi si ritrova a pagare un biglietto più salato che in passato per fare lo slalom tra are, statue e pitture che hanno “traslocato” dai muri dove erano state concepite.
Senza contare che l’originale collezione degli Autoritratti degli Uffizi, invece di essere un fiore all’occhiello della Galleria, che tutto il mondo ci invidia, è da troppo tempo pressoché invisibile, anche se continua a crescere.
La scorsa primavera fu annunciata l’ennesima rivoluzione degli allestimenti all’interno della Galleria: in particolare delle sale del Piano Nobile degli Uffizi. Alcune di queste presto ospiteranno una parte della collezione degli Autoritratti. Il numero esatto delle opere che si potranno ammirare ancora non è noto, ma difficilmente si potrà raggiungere le oltre 500 unità del Vasariano, alle quali ieri come oggi vanno aggiunti gli Autoritratti presenti in Galleria.
Certo è che annunciare in questo momento la realizzazione di una mostra di Autoritratti degli Uffizi in Cina, sa quasi di beffa, anche se l’esposizione non è imminente. E allora torna in mente un’altra bella tradizione storico-artistica della Galleria che nel frattempo si è perduta e la cui origine risale a una ventina di anni fa: era infatti il 2002 quando l’allora direttrice della Galleria degli Uffizi, Annamaria Petrioli Tofani, s’inventò uno degli appuntamenti che sarebbe diventato tra i più attesi ogni anno nel museo: la mostra natalizia dei “mai visti”. La formula era semplice: una cinquantina di opere provenienti dal deposito della Galleria (e quindi mai o poco viste), in mostra in maniera tematica per un mese e mezzo alle Reali Poste, un spazio svincolato dal percorso museale e quindi a ingresso libero. Costava poco realizzarla e faceva contenta tanta gente sotto le feste.
Per quasi un quindicennio fu tra i must della programmazione di fine anno del Polo Museale Fiorentino. Poi la riforma, la frantumazione dei poli, i nuovi direttori… e la mostra scomparve. Ecco, se tornasse adesso, l’appuntamento di Natale dovrebbe necessariamente essere dedicato agli Autoritratti degli Uffizi, per il momento i “veri mai visti” della Galleria. Se infatti chiedete a un artista che orgogliosamente ha appena donato il suo autoritratto al primo museo d’Italia, “dov’è la sua opera?”, questi risponderà genericamente “agli Uffizi!”, senza per altro indicare esattamente il luogo. Perché ovviamente né lui né altri lo possono vedere, essendo in deposito, cioè essendo invisibile.
Un’ultima notazione: per risolvere, almeno in parte, il problema dell’esposizione di questa particolare e straordinaria collezione degli Uffizi, intorno al 2008 l’allora direttore, Antonio Natali, lanciò l’idea di sfruttare l’ormai vuoto Complesso di San Firenze, nell’omonima piazza fiorentina, che fino ad allora aveva ospitato il tribunale. Essendo di proprietà del Comune e gli Autoritratti invece di provenienza statale, non se ne fece di niente e si preferì mantenerne in esposizione poco meno di un terzo nel Vasariano. Poi, otto anni più tardi, anche quella sede espositiva divenne inadatta. Col risultato che oggi tutti noi vediamo.
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Nell’immagine in alto | Gli autoritratti di Giacomo Balla (Autocaffè, 1928), Gian Lorenzo Bernini (Autoritratto, 1635) e Francesco Hayez (Autoritratto a 71 anni, 1862)