Cultura

Il rebus filosofico Carlo Michelstaedter: morto 23enne e sconosciuto, adorato dai giovani contemporanei. E, forse, ispiratore di Heidegger

di Mauro Del Corno

Martin Heidegger è considerato uno dei più importanti, se non il più importante, filosofo del 20mo secolo. Carlo Michelstaedter è invece ignoto ai più, sebbene negli ultimi anni si sia assistito da un sorprendente ritorno di interesse nei suoi confronti, soprattutto da parte dei giovani. Nato a Gorizia, Michelstaedter ha studiato a Firenze ed è morto suicida a 23 anni, nel 1910. Mentre era in vita nessuno dei suoi scritti è stato pubblicato. Il più importante è la sua irriverente ed esplosiva tesi di laurea, dal titolo “La Persuasione e la Rettorica”. Subito dopo averne terminato la stesura Michlestaedter si spara alla testa nella sua soffitta di Gorizia e muore dopo un’agonia di qualche ora. La pagina della prefazione è macchiata di sangue e sotto il disegno di una lampada si legge, in greco antico, “io mi spensi”. La tesi si apre con una citazione, anche questa in greco, da l’ “Elettra” di Sofocle: “So che faccio cose inopportune e a me non convenienti”.

Thomas Vasek, caporedattore della prestigiosa rivista di filosofia tedesca Hohe Luft, ha da poco pubblicato un libro dal titolo Heidegger e Michelstaedter. Un’inchiesta filosofica che mette in luce ed analizza con le analogie tra la tesi di Michelstedter e i concetti sviluppati da Heidegger a partire dalla sua opera fondamentale “Essere e tempo”. Non è la prima volta che queste affinità vengono evidenziate e il pensatore goriziano è stato spesso indicato come il precursore dell’esistenzialismo. Ma Vasek fa qualcosa di più. Ricostruisce un possibile percorso attraverso cui gli scritti di Michelstaedter potrebbero essere giunti nelle mani del filosofo tedesco. Ricordiamo tre date. “La persuasione e la rettorica” viene pubblicata postuma nel 1913 con sei appendici critiche , per vedere la prima traduzione tedesca ufficiale bisognerà attendere il 1999. “Essere e tempo” viene pubblicato nel 1927.

La Gorizia in cui nasce e cresce Michel è però ancora parte dell’impero asburgico e il bilinguismo è la norma. Della famiglia del giovane filosofo fanno parte anche i fratelli Gino (morto a sua volta suicida) e le sorelle Elda e Paula. Con quest’ultima Carlo è particolarmente legato. Nella ricostruzione di Vasek sarà proprio Paula a far circolare in ambienti intellettuali l’opera del fratello, anche nella parziale versione in tedesco ad opera di Argia Cassini, amata da Carlo. Il marito di Paula è Fritz Winteler la cui famiglia ha stretti legami con Albert Einstein e il celebre fisico avrebbe ricevuto una copia della traduzione. È noto che Einsten fu in contatto con filosofi come Ernst Cassier e Edmund Husserl, quest’ultimo maestro di Heidegger.

Cosa sono la persuasione e la rettorica? Bisogna risalire al significato con cui i due termini vengono utilizzati da Aristotele e Platone. Il salto al cielo di Michlestaedter prende slancio ripiegandosi sul passato. Quello tra le due parole è quindi un contrasto tra un sé autentico e una vita alienata, legata all’apparenza, determinata da norme sociali e convenzioni. Il modo in cui è possibile raggiungere uno status di “persuasi” è il tema portante della trattazione di Michelstaedter. È, di nuovo, un amletico essere o non essere. Chi ha anche solo “annusato” le opere di Heidegger coglierà la quasi perfetta sovrapponibilità tra i concetti di “esserci”, del “sì” e del “si dice” sviluppati da Heidegger. E’ solo uno dei tanti punti di contatto tra i due attori . Così come lo è il modo di rapportarsi alle cose ( o agli enti) che vengono “illuminate” da noi ed assumono un significato in relazione all’utilità che possono avere per la nostra esistenza. Se vedo una sedia non vedo dei pezzi di legno ma qualcosa che può servirmi per riposarmi o per stare più comodo.

La Persuasione e la Rettorica è un testo relativamente breve ma complesso, in alcuni passaggi oscuro sebbene a tratti illuminato da squarci poetici. Ne riportiamo uno tra i tanti che meriterebbero di esserlo: ” Né alcuna vita è mai sazia di vivere in alcun presente, che tanto è vita, quanto si continua, e si continua nel futuro, quanto manca del vivere. Che se si possedesse ora qui tutta e di niente mancasse, se niente l’aspettasse in futuro, non si continuerebbe : cesserebbe d’essere vita”. In poche righe si delinea qui tutta la complessità e conflittualità intrinseca del nostro esistere. In quanto essenze finite non abbiamo il nostro fondamento in noi stessi. Ma noi dobbiamo essere questo fondamento, questo “peso” della nostra vita che nella vita quotidiana scarichiamo invece sugli altri. “Ogni suo attimo è un secolo della vita degli altri, finché egli faccia di sé stesso fiamma e giunga a consistere nell’ultimo presente”. L’opera si apre con una pagina celebre in cui il filosofo introduce la metafora del peso che “ha fame di più basso ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta (…) che se in un punto gli fosse finita (la voglia di scendere, ndr) e in punto potesse possedere l’infinito scendere dell’infinito futuro – in quel punto non sarebbe più quello che è: un peso”.

Come scrive Vasek: “La questione fondamentale di Michlestaedter è come si arrivi a stare nel cambiamento. La nostra vita è un’espansione disgregante, come afferma Agostino, disperatamente frammentata nel tempo, nei nostri molteplici riferimenti di vita. Dobbiamo uscire dalla dispersione, dobbiamo raccoglierci. Questa è la via della persuasione di Michelstaedter”.

Sergio Campailla, scrittore e curatore delle opere di Michelstaedter, scrive nella prefazione a La persusasione e la rettorica: “Il suo pensiero è da considerarsi lo svolgimento novecentesco più vigoroso e impregiudicato del messaggio leopardiano (…) e si colloca sotto l’influenza di due altri maestri della cultura occidentale : il Nietzsche “inattuale” e l’ultimo Tolstoj“. A maggior ragione oggi, in un’epoca iper tecnologica, può risultare molto seducente un messaggio che privilegia la persona e salvaguarda l’individuo rispetto alle civiltà industriale cannoneggiandone le logiche. “Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell’individuo” arriva a scrivere il pensatore di Gorizia. Scrive ancora Campailla: “La società e la scuola non soddisfano lo slancio ideale del giovane che si affaccia alla vita, lo reprimono gratificandolo con gli allettamenti del successo e della carriera, lo inseriscono nell’ingranaggio come un dente nel vacuo di una ruota che tutto macina”.

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