“Scusi, lei è favorevole o contrario?”. I 5 stelle sono inseguiti, placcati, rincorsi: la domanda che tiene banco è se davvero cederanno alla lusinga del 2 per mille dell’Irpef degli italiani. Ossia se chiederanno di aver accesso al riparto del contributo pubblico che dal 2017 ha sostituito definitivamente i rimborsi elettorali. Ma che per i duri e puri – ormai minoranza – resta un tabù, per non dire una bestemmia. Un approdo inevitabile invece per il resto delle truppe parlamentari pentastellate, che l’altra sera, di fronte al leader Giuseppe Conte che annunciava di voler sottoporre la questione agli iscritti, non hanno battuto ciglio. Ma c’è un però: bene che vada, il M5s potrà accedere al 2 per mille non prima del 2023. Infatti il 30 novembre scade il termine annuale entro il quale si deve risultare iscritti al registro dei partiti per concorrere al riparto degli importi che spettano in base alla scelta fatta dai contribuenti. E per quel giorno è impossibile che si sia conclusa la procedura per ottenere l’iscrizione: prima servirà un’istruttoria curata dalla Commissione di garanzia sugli statuti e la trasparenza sui rendiconti, un organismo composto da cinque magistrati che ha sede alla Camera, a palazzo San Macuto. Un passaggio non esattamente istantaneo, tanto più che il collegio non tornerà a riunirsi prima del 10 dicembre, a termine per le iscrizioni di quest’anno ormai scaduto.
Ma ecco come funziona. Per sperare di accedere al 2 per mille i partiti devono prima ottenere semaforo verde dalla Commissione. Che dopo la richiesta di iscrizione al registro apre, appunto, un’istruttoria per verificare che la forza politica richiedente abbia uno statuto che risponda a precisi requisiti. Per esser considerato conforme, oltre all’indicazione di simbolo e dicitura, lo statuto deve prevedere gli strumenti per assicurare la democrazia interna, tanto per cominciare. Esplicitare tempi e modi del ricambio delle cariche, indicare quali siano strumenti e procedure per la tutela degli iscritti, descrivere in quali casi e condizioni scattano sanzioni ed espulsioni: tutti nodi più o meno critici per la storia del Movimento fondato da Beppe Grillo, che prima ha incoronato Conte leader con un blitz, poi ha contestato la “rifondazione” dell’ex premier con l’accusa di essere stato marginalizzato, infine ha siglato una pax che però ora torna a vacillare. Come torna il tema della contendibilità della leadership: le regole interne che il Movimento si è dato a luglio definiscono sì il ruolo di Conte come capo politico, ma indicano Grillo come custode dei principi e dei valori dell’azione politica, carica che gli lascia ampi margini di intervento attraverso il Comitato di garanzia, di cui fanno anche parte Luigi Di Maio e Virginia Raggi. Una catena di comando complessa, a cui si è giunti attraverso un compromesso che ora deve passare il vaglio della Commissione di garanzia e trasparenza dei partiti.
L’istruttoria sullo Statuto ha un tempo variabile: dipende da quanto le regole interne aderiscano o meno ai requisiti prescritti e dipende pure dalla volontà del partito di adeguarsi alle eventuali prescrizioni e richieste di modifica da parte della Commissione. L’ultimo soggetto politico a trasmettere lo statuto con l’obiettivo di iscriversi al registro è stato Italexit di Gianluigi Paragone. Per sbrigare la pratica c’è voluto circa un mese, giusto in tempo per la scadenza del 30 novembre. Chi invece ancora attende il via libera, dopo le modifiche impartite dalla Commissione allo statuto, è Coraggio Italia, la nuova forza del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Insomma, la procedura è complessa e ha tempi ristretti, ma non esattamente immediati: una volta ottenuto il via libera allo statuto (bollinato davanti a un notaio), c’è ancora un ultimo passaggio, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Infine, la Commissione procede alla comunicazione al Mef per il codice che deve essere attribuito al partito e che il contribuente potrà scegliere in sede di dichiarazione dei redditi per la destinazione della quota Irpef calcolata sull’imponibile.