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Naomi Campbell, la sua charity sotto indagine: “Su 1,7 milioni raccolti, solo 5.500 sterline sono andate davvero in beneficenza”

I conti della Fashion for Relief, fondata nel 2005 dalla supermodella cantante attrice Naomi Campbell per aiutare giovani in difficoltà nei luoghi più svantaggiati del mondo, non tornano. C’è una voragine di spese, un buco nero che ha inghiottito quasi tutte le offerte

di Simona Griggio

La Venere Nera torna a far parlare di sé. Non per una nuova love story o per la nascita di un secondo figlio dopo i 50. Ma per i fondi raccolti dalla sua associazione benefica mai arrivati a destinazione. I conti della Fashion for Relief, fondata nel 2005 dalla supermodella cantante attrice Naomi Campbell per aiutare giovani in difficoltà nei luoghi più svantaggiati del mondo, non tornano. C’è una voragine di spese, un buco nero che ha inghiottito quasi tutte le offerte. Alle giovani vittime della povertà, del Covid, di malattie implacabili come Ebola, pare siano arrivati solo gli spiccioli.

Così ora le autorità di vigilanza indagano e si pongono soprattutto una domanda: com’è possibile che di un milione e 722 mila sterline raccolte nel 2019, soltanto 5.515 sono state effettivamente devolute a cause benefiche? E’ entrata in campo la Charity Commission for England, che ha aperto un’indagine formale per far luce su diversi aspetti controversi. Di questa indagine racconta il Guardian, che elenca tutte le criticità finite sotto la lente d’ingrandimento: conti presentati in ritardo, conflitti di interesse e una gestione finanziaria priva di controlli adeguati.

La denuncia è partita da un’altra associazione benefica. Si chiama Mayor’s Fund for London e, come dice il nome (Mayor è il sindaco), ha come testimonial il primo cittadino di Londra Sadiq Khan. Doveva ricevere 50 mila sterline raccolte da un negozio allestito dall’associazione della top model nel centro commerciale Westfield nel novembre 2019. Erano stati venduti capi griffati. Abiti firmati Alexander McQueen e Vivienne Westwood. Ma a destinazione non è arrivato neanche un penny. Così adesso la Charity Commission esaminerà, come suo compito, “se sono stati esercitati correttamente i doveri e le responsabilità legali ai sensi della legge sulla beneficenza”.

Qual è la storia di Fashion for Relief è spiegato sul sito dell’associazione. La Campbell racconta di esser stata ispirata da Nelson Mandela, «nonno e mentore». L’ex presidente sudafricano l’aveva nominata “nipotina ad honorem” nel 1994: “Mi ha sempre detto – si legge sul web – di usare la mia voce per parlare di temi che mi stanno a cuore e fare qualcosa”. Dal 2005, racconta ancora la Campbell, “abbiamo assistito cause umanitarie per aiutare coloro che sono stati colpiti dall’Ebola. Abbiamo contribuito a portare soccorsi in occasione di disastri come il terremoto di Haiti, l’uragano Katrina, il terremoto giapponese e il successivo tsunami”. Aggiunge ancora: “Negli ultimi anni attraverso collaborazioni con altre charities abbiamo fornito assistenza alimentare e medica a bambini bisognosi in tutto il mondo, inclusi quelli coinvolti nel conflitto in Siria».

Eppure il meccanismo si è inceppato. Si indaga adesso sui super rimborsi e su gli onorari di una delle amministratrici fiduciarie, una legale che cura gli affari di famiglie dai redditi d’oro. Poi ci sono le spese per gli eventi e le campagne pubblicitarie. Spese congrue? Lo dirà la commissione. Fatto sta che sui quasi due milioni di sterline raccolti, solo poco più di 5 mila sono arrivate a destinazione per aiutare i più deboli. Evidentemente ce n’è abbastanza per volerci vedere chiaro. Dalla Campbell fino a oggi non è arrivata nessuna dichiarazione.

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