Le sigarette di contrabbando arrivavano tra Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, per finire sui banchi del mercato palermitano di Ballarò. Pescherecci e motoscafi che, facendo la spola con la Tunisia, avrebbero portato in Sicilia circa 23mila tonnellate di “bionde”, aggirando oltre dieci milioni di euro di imposte. Un meccanismo consolidato, inquadrato da decenni di indagini, che è finito al centro della prima operazione degli uffici italiani di Eppo, la Procura europea che indaga sui reati che “ledono gli interessi finanziari dell’Unione”. L’inchiesta, coordinata dai procuratori europei delegati Gery Ferrara e Amelia Luise, è stata condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, che nella notte tra il 29 e il 30 novembre ha fermato 13 persone (sei tunisini e sette italiani) appartenenti a due gruppi criminali differenti ma collegati tra loro. In sei percepivano il reddito di cittadinanza, che verrà loro immediatamente sospeso. Altre due persone sono invece indagate a piede libero. Sequestrate anche alcune auto e altri veicoli per il valore di 150mila euro, compreso il rimorchiatore “Totò” di proprietà di un sottufficiale in servizio alla Capitaneria di Porto di Palermo, Lillo Bertuglia, già arrestato per contrabbando il 9 novembre scorso.
A capo del network c’era il palermitano Antonino Lo Nardo, arrestato alcuni anni fa nell’operazione “Barbanera”, che per gli inquirenti ha dato prova di “detenere il controllo del mercato illegale della vendita di sigarette di contrabbando nel quartiere palermitano Ballarò”: confezioni in arrivo dal Nordafrica, ma in alcuni casi anche dal territorio napoletano. Nel corso di questi anni, l’indagine si è incrociata con altri sequestri eseguiti a bordo di pescherecci fermati a ridosso delle coste trapanesi. Come il 21 novembre 2019, quando i finanzieri hanno inseguito e fermato il motopesca Yassin, una cosiddetta “nave madre” con a bordo sei “sedicenti egiziani” e un libico. Nella stessa operazione, coordinata dalla Procura di Marsala, sono state fermate altre quattro imbarcazioni, con a bordo circa quattromila chili di sigarette (marca Oris e Pine) e una valigia con 170mila euro in contanti. Già in quei mesi, tuttavia, gli organizzatori dei traffici erano sotto intercettazione.
“Già dal settembre 2020, le conversazioni intercettate hanno consentito di ricostruire il progetto, poi realizzato, di costituire una stabile organizzazione con terminali in Italia e in Tunisia finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri – si legge nel provvedimento di fermo – e di avviare tale sinergica collaborazione introducendo nel territorio italiano, come primo traffico del gruppo criminale, circa tre tonnellate di sigarette provenienti dalla Tunisia e dalla Libia, a bordo di un peschereccio che, in acque internazionali a ridosso delle coste trapanesi, avrebbe operato un trasbordo a favore di due imbarcazioni inviate dall’Italia” . Il gruppo dei tunisini era coordinato da Walid Mirghli, residente a Mazara del Vallo, e Ahmed Zaabi, responsabile delle partenze dei pescherecci carichi di sigarette. Le indagini hanno cristallizzato almeno quattro distinte spedizioni dal Nordafrica e in tutti gli episodi si è registrato che le comunicazioni dei contrabbandieri trapanesi avvenivano sempre a ridosso del trasporto. “Giuro che non si tratta di un pacco o due o cosa, questo è una cosa grossa che ci può mandare in abisso”, diceva il 25 settembre 2020 Mirghli, e ancora: “Stai attento Said, giuro che ci finisce all’abisso, assicurati bene”.
“Le sigarette, ove non intercettate dagli interventi repressivi dei finanzieri, una volta approdate sulla costa venivano stoccate in magazzini nella disponibilità degli indagati nel territorio mazarese, da dove – come testimoniato dai riscontri investigativi eseguiti – si rifornivano i componenti dell’organizzazione palermitana”, si legge nel provvedimento. Le sigarette venivano chiamate anche con dei nomi in codice. “Tu appena hai i limoni a terra, mi dici a posto, noi veniamo, prendiamo i limoni e ce ne andiamo”, diceva uno degli indagati sottoposti a fermo. “Mi ha detto che hanno 300 di fieno e lo vogliono uscire”, dicevano invece due tunisini, “si, hanno 300 di fieno che hanno portato dall’Algeria”. L’oggetto necessario per ogni traffico era il telefono satellitare Thuraya, indispensabile per comunicare nel bel mezzo del Mediterraneo: i finanzieri ne hanno sequestrato vari modelli abbandonati a bordo dei pescherecci, tra cui un motopesca di Mazara del Vallo. Ma anche all’interno del rimessaggio “Onda Blu“, di proprietà di Vito Agnello, anche lui sottoposto a fermo. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati anche degli appunti, in cui gli indagati avevano annotato le coordinate degli sbarchi.