È allarme. Le classi in quarantena aumentano di giorno in giorno. La Società italiana di pediatria dice che il dato (registrato il 24 novembre scorso dall’Istituto superiore di sanità) di oltre 251mila casi di contagiati tra i bambini dai 6 agli 11 anni è “sottostimato”. I malati di quell’età sarebbero molti di più. E mentre in ogni regione aumentano a dismisura i positivi e le classi in quarantena, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi nega la pubblicazione dei dati in suo possesso: “Il ministero – fanno sapere gli uffici di viale Trastevere – raccoglie settimanalmente i numeri riferiti a contagi e quarantene attraverso un monitoraggio su base volontaria fra i dirigenti scolastici. L’indagine è pensata come strumento di lavoro per il ministero stesso e per gli uffici scolastici regionali. Al momento, dunque, i dati sono ad uso interno del sistema scuola”. L’unica fotografia che è possibile recuperare è quella sanitaria ma non quella nazionale su quanti sono gli alunni costretti a far lezione a casa. Di certo, però, c’è che nella serata di ieri il ministero della Salute ha fatto un passo indietro, ripristinando l’obbligatorietà della quarantena per l’intera classe dopo la prima positività riscontrata. È la testimonianza plastica che i dati dei contagiati in classe, come sottolineato dai pediatri, sono una fotografia parziale della situazione.
Secondo l’ultimo rapporto settimanale dell’Iss su 826.774 casi tra 0-19 anni, 251.221 hanno riguardato gli alunni dai 6 agli 11 anni con 1.423 ricoverati (di cui 36 in terapia intensiva). Il 17 novembre, nella stessa fascia di età, si contavano 241.739 casi. Un dato che allarma soprattutto Rocco Russo, responsabile del tavolo tecnico vaccinazioni della Società italiana di pediatria: “Abbiamo il polso della situazione solo della punta dell’iceberg. Non contiamo tutti coloro che non sono stati tracciati e quei bambini che sono asintomatici. Le scuole hanno costituito un grande elemento di tracciamento: ci hanno permesso di fare una ricognizione che fino ad agosto non potevamo avere”.
Russo ha lavorato a lungo in quest’ultime settimane per produrre un’analisi dettagliata. In Italia dall’inizio dell’epidemia al 9 novembre sono stati diagnosticati, nella fascia di popolazione 0-19 anni, 791.453 casi di cui, 8.451 ospedalizzazioni, 249 ricoveri in terapia Intensiva e 36 deceduti. In poco più di due mesi, per la sola fascia di età 6-10 anni, c’è stato un incremento pari a 24.398 casi e negli ultimi dodici giorni c’è stata un’impennata di contagi. “Se lasciassimo scoperta questa fascia di età dal vaccino avremmo una piccola Sudafrica in Italia. Il vaccino – sottolinea Russo – ha più benefici del virus. Tra l’altro abbiamo la fortuna di avere i dati delle vaccinazioni che sono in corso sui bambini in America e in Israele”. Numeri che vanno di pari passo, chiaramente, con il ritorno delle lezioni da casa.
Se al ministero non danno i dati, qualche ufficio scolastico regionale non li nasconde. In Sicilia, secondo l’Usr, il 7 novembre si registravano 228 classi in quarantena mentre una settimana più tardi erano già 358 (29 all’infanzia; 112 alla primaria; 113 alle medie e 104 alle superiori). Tra gli istituti del Veneto sono 13.189 gli alunni e 800 i docenti che sono stati messi in quarantena negli ultimi due mesi, mentre in Campania si è passati da 267 classi in dad della scorsa settimana a 315 di quest’ultimi giorni. E proprio nella regione governata da Vincenzo De Luca è scoppiato un caso: nei giorni scorsi è circolata la voce, messa in giro da alcuni comitati di genitori, che dall’8 dicembre il governatore avrebbe chiuso le scuole. Una notizia smentita dal presidente e dall’assessore all’Istruzione Lucia Fortini che a ilfattoquotidiano.it ha spiegato: “Non c’è alcuna intenzione di sospendere le attività scolastiche in presenza”. Una situazione, quella delle classi in quarantena, che coinvolge tutta l’Italia.
Come abbiamo già riportato in Lombardia, in due settimane, si è passati da 842 contagi (dal 1 al 7 novembre) a 2.542 (21 novembre) con 902 classi a casa. In Piemonte in una settimana sedici aule in più hanno perso i ragazzi tra i banchi arrivando a 250 sezioni tornate a imparare davanti al personal computer. In Friuli Venezia Giulia sono cresciuti i casi di classi in dad alle superiori dove da 26 della scorsa settimana si è passati a 64. A queste regioni si aggiunge anche la Valle d’Aosta: “E’ un momento delicato – spiega l’assessore all’Istruzione Luciano Caveri – e ci vuole molta più cautela verso i più piccoli. In questo senso visto l’incremento di casi positivi alla primaria e nel primo anno della media, l’Usl ha valutato di non attivare il testing ma la quarantena a tutta la classe in cui emerge un caso di positività”. Un quadro quello qui sopra che preoccupa i genitori. Lo sa bene Antonio Affinita, direttore del movimento italiano genitori: “Spesso mamme e papà non hanno i permessi retribuiti e chi li ha può godere solo del 50% dello stipendio. Non si può scaricare tutta la responsabilità su noi che già vivono il dramma di una situazione economica difficile. Facciamo appello perché i permessi retributivi siano al 100%”. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, invece, punta il dito contro le Asl: “Spesso non riescono ad essere tempestive nella loro attività di screening e i dirigenti sono costretti a mettere in quarantena le classi. Non possiamo fare altro. Il ritorno della didattica a distanza ci preoccupa: certo abbiamo più esperienza ma la frammentazione della modalità lavorativa per gli studenti resta deleteria”.