Dopo lo stop di ottobre arriva la promessa marcia indietro. Gli invalidi parziali potranno continuare a percepire l’assegno di invalidità insieme allo stipendio se il loro reddito resta inferiore a 4.391 mila euro. Sono infatti stati approvati in commissiona al Senato gli emendamenti al decreto fiscale del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle che modificano due commi della legge 118/1971 oggetto di interpretazione estremamente restrittiva da parte dell’Inps anche sulla base di due pronunciamenti della Cassazione. “In Commissione al Senato hanno approvato l’emendamento al Dl fiscale che ripristina l’assegno di invalidità per gli invalidi parziali che prestano attività lavorativa. Correggiamo un’ingiustizia”, scrive su Facebook il ministro del Lavoro Andrea Orlando. “Manteniamo la promessa fatta a famiglie e associazioni che lottano per l’inclusione”.
Il responsabile Economia e finanze del Pd Antonio Misiani ha spiegato che questo provvedimento risolve “il problema che aveva portato ad una stretta sui beneficiari dell’assegno di invalidità, lasciando nell’incertezza più totale tantissime famiglie. L’emendamento approvato specifica che il requisito della inattività lavorativa previsto dall’articolo 13 della legge 118 del 1971 si intende soddisfatto qualora l’invalido parziale svolga una attività lavorativa il cui reddito risulti inferiore al limite di cui all’articolo 14 septies del decreto legge 663 del 1979″. Soddisfatta anche l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, del M5S, che su Twitter saluta la decisione come la fine di un’ingiustizia, che permetterà “agli invalidi parziali che lavorano di continuare a ricevere l’assegno alle condizioni di sempre: un impegno che io e tutto il M5S avevamo preso e che abbiamo onorato”.
Due sentenze della Corte di Cassazione avevano portato l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) a sospendere a partire dal 14 ottobre l’erogazione dell’assegno d’invalidità a migliaia di disabili con redditi da lavoro, limitandolo solamente a chi è in uno stato di inoccupazione. Decisione che aveva mosso la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) e la Federazione tra le associazione nazionali delle persone con disabilità (Fand) a chiedere un intervento legislativo in senso contrario e chiamare la mobilitazione generale.