La navicella spaziale ha un buco nel modulo abitativo. Sarà colpa dell’astronauta americana delusa da un rapporto d’amore finito male? Sembra la celebre filastrocca che si cantava da bambini con “la macchina del capo che ha un buco nella gomma”. Invece è un caso internazionale di accuse e controaccuse di notevole gravità politica. Al centro della querelle che sta coinvolgendo l’agenzia spaziale russa Roscosmos e la Nasa c’è un buco. E non c’è bisogno di essere troppo maliziosi perché le foto del modulo abitativo della navicella spaziale Soyouz MS-09, lanciata nello spazio nel 2018, con a bordo tre astronauti, un russo, un tedesco e una statunitense, parlano chiaro. Una breccia tondeggiante di qualche millimetro è presente in un angolo della bianca struttura interna della navicella. E un buco del genere, che poteva far rischiare la vita ai tre astronauti, e il fallimento della missione spaziale russa, non sembra essere capitato per caso ma provocato da un gesto umano. Ma andiamo con ordine. La Soyouz MS-09 viene lanciata in orbita il 6 giugno del 2018 dal cosmodromo Baikonur nel Kazakistan ma affittato dalla Russia. A bordo ci sono il comandante russo Sergey Prokopyev alla prima missione, l’ingegnere di volo tedesco alla seconda missione Alexander Gest e l’ingegnere di volo statunitense Serena Auñón-Chancellor anch’essa alla prima missione. Il 29 agosto, dopo poco più di due mesi in orbita i computer a terra rilevano una piccola perdita d’aria a bordo. Una cosa da nulla che in pochi istanti potrebbe diventare una tragedia. Ma questo non avviene, anzi qualcuno all’interno della navicella si prodiga immediatamente di rattoppare il foro. Sì proprio così, un rattoppo a mani nude come si fa sulla terra. Niente Patafix per la Soyouz, ma qualche grammo di resina epossidica. Il 20 dicembre del 2021, dopo sei mesi di missione, l’MS-09 atterra come previsto nella steppa kazaka. Tutto finito? Macchè! Nemmeno per idea. L’agenzia spaziale di stato russa grida subito al sabotaggio. La prova oggettiva è inconfutabile: il foro è stato provocato dall’interno della navicella quindi da qualcuno a bordo. Nel mirino dei burocrati russi finisce subito la Auñón-Chancellor. Dapprima, scrive addirittura l’agenzia di stampa Tass, si afferma che l’astronauta statunitense abbia avuto una crisi di nervi e per ripicca abbia danneggiato la navicella per poter tornare subito sulla terra. Alcune fonti, mai confermate, parlano addirittura di una istantanea trombosi venosa subita dalla ragazza americana. Poi ecco che poche settimane fa, dopo mesi di accuse e controaccuse tra Roscosmos e Nasa, ecco l’altra importante agenzia di stampa russa, la RIA Novosti, a rincarare clamorosamente la dose: “Auñón-Chancellor potrebbe aver pratico il buco “a causa dello stress dopo una relazione romantica fallita con un altro membro dell’equipaggio”. Apriti cielo, anzi apriti cosmo. Dal quartier generale della Nasa stavolta non ci stanno e parlano di “attacchi falsi e privi di credibilità”. Da Houston, oltretutto, spiegano che dai filmati in loro possesso sulla vita a bordo della Soyouz la Aunon-Chancellor non è nemmeno mai passata vicino al foro incriminato. Insomma Usa e Russia, oramai in coppia nelle missioni spaziali da almeno tre decenni, sono tornate ai ferri corti come ai tempi della guerra fredda. A mettere la parola fine ci dovrebbero pensare il capo delle missioni spaziali russe, Dmitry Rogozin e l’amministratore Nasa, Bill Nelson. L’incontro tra i due è previsto per inizio 2022. Intanto il mistero del buco rattoppato continua.
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