L’ovovia sul Ponte di Calatrava a Venezia, che avrebbe dovuto servire per trasportare i disabili sul Canal Grande, è un piccolo, grande scandalo italiano. Costruita e inaugurata, non è quasi mai entrata in funzione, al punto che nel maggio 2020 la giunta comunale ha deciso di smantellarla. Così il costo dei lavori è andato in fumo, con un danno di circa un 1,8 milioni di euro. Del progetto e della sua realizzazione si era occupata la Corte dei Conti, ma non aveva ritenuto vi fossero estremi per contestare il danno erariale a ideatori e imprese realizzatrici. Allo stesso tempo aveva suggerito al Comune di promuovere un’azione civile di risarcimento. Ed è quello che ora la giunta comunale di Luigi Brugnaro ha deciso di fare, affidando all’Avvocatura Civica l’incarico di promuovere l’azione civile.
La storia dell’ovovia, che consentiva di passare da Piazzale Roma alla Stazione ferroviaria di Santa Lucia, è davvero singolare. Il 20 ottobre 2004 la Direzione progettazione ed esecuzione lavori del Comune aveva affidato l’incarico della progettazione definitiva alla società Iconia Ingegneria Civile dell’ingegnere Renato Vitaliani, docente di Tecnica delle costruzioni alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova. Si trattava di un dispositivo mobile che correva su una spalletta del Ponte della Costituzione (progettato dall’archistar spagnola Santiago Calatrava) e consentiva di far superare il dislivello a persone con difficoltà motorie. A novembre 2004 il progetto definitivo era pronto. Nel 2005 progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori erano state assegnate all’impresa Cignoni di Lendinara. Nel 2009, dopo il fallimento della società, con risoluzione del contratto, era subentrata l’Impresa Tecnologie Industriali di Padova, già subappaltatrice di Cignoni.
Ci vollero tre anni prima che nel novembre 2012 i lavori fossero ultimati. Nel febbraio 2013 il dispositivo era stato aperto al pubblico, ma subito si erano manifestati inconvenienti tecnici che avevano indotto il responsabile del procedimento ad annullare la presa in consegna. Dopo nove mesi la nuova dichiarazione di agibilità e una seconda apertura al pubblico, l’11 novembre 2013. “Dall’effettiva messa in esercizio, l’ovovia ha avuto ripetuti inconvenienti mai risolti, tant’è che l’impianto è stato definitivamente fermato dal mese di maggio 2015”. Così è scritto nella delibera di giunta 275 firmata pochi giorni fa. Intanto la Corte dei Conti era intervenuta, dando l’incarico ad un perito che aveva scritto: “La causa principale del mancato funzionamento è dovuta ad errori ed omissioni del progetto definitivo affidato ad Iconia e predisposto dal professor Vitaliani”. Nell’aprile 2019 il procuratore generale della Corte dei Conti di Venezia aveva però archiviato il procedimento poiché non c’erano responsabilità imputabili a dipendenti dell’amministrazione comunale. Il decreto invitava però a valutare eventuali azioni civili risarcitorie.
È così partita una prima contestazione nei confronti di Iconia e di Vitaliani, che con il loro avvocato hanno negato ogni addebito. Una nuova perizia ha accertato che “l’impianto non ha mai avuto un funzionamento regolare e non è mai stato caratterizzato da sufficiente affidabilità”. Il costo per costruire l’inutile ovovia è stato quantificato in un milione 733 mila euro, a cui si aggiungono 95 mila euro per la rimozione. Probabilmente verrà chiesto anche un danno d’immagine. Il consulente tecnico aveva indicato anche le quote di responsabilità: 30 per cento a carico dei progettisti definitivi Iconia e Vitaliani; 20 per cento all’impresa appaltatrice Cignoni (fallita, gli era subentrata Torri costruzioni); 40 per cento alla seconda impresa appaltatrice, Tecnologie Industriali; 10 per cento all’ingegner Salvatore Vento, responsabile unico del procedimento.