“Per me è come stare in paradiso“. Verrebbe facile il gioco di parole con Hell’s Kitchen o magari con cucine da incubo, a questo punto, ma sarebbe esagerato. Anche perché, la storia di Sacha Lanci, dalla cucina di un ristorante alla Premier League, è bella così, senza bisogno di effetti speciali nella narrazione. Casertano, buon portiere in gioventù, seppur nelle categorie inferiori. Ragazzo intelligente, coraggioso, si cimenta nella preparazione dei portieri ottenendo buone esperienze anche, prima nello staff dell’Avellino, poi del Napoli, per le giovanili. Poi vola a Londra: ma per mantenersi serve lavorare, anche in un ristorante, collaborando con qualche scuola calcio nei ritagli di tempo. Vola ancora, stavolta in Messico, lasciando da parte il pallone e i guanti da portiere però.
Sei mesi e poi Sacha torna a Londra: “E anche stavolta trovo lavoro in un ristorante, offrendomi come preparatore dei portieri a livello privato, poi finisco in cassa integrazione e intanto noto che si è aperta una posizione al Queen’s Park Ranger per le giovanili: il provino va bene e firmo”. Ma dura poco, perché quel che gli riserva il destino è ancora meglio: “Dopo poco scopro che Antonello Brambilla cercava un assistente preparatore dei portieri… e insomma, da fine luglio comincio a stare col Watford e poi dopo il colloquio con il direttore sportivo inizio a lavorare con loro. Non mi sembra vero, dico la verità”.
Sì, dalla cucina alla corte di Claudio Ranieri: “Davvero un signore: è esattamente come lo si vede. Posso definire la possibilità che ho di guardarlo preparare una partita o parlare alla squadra “godibile”. Sì, perché è una persona squisita: meticoloso, ma sempre di un’eleganza straordinaria. Pure quando si incazza lo fa con uno stile straordinario (Ride Sacha ndr). Avere la possibilità di vederlo lavorare è davvero un piacere”. E sul calcio inglese: “Un mondo a parte: dalla possibilità e la facilità d’investimento all’organizzazione che c’è nelle società in cui in ogni livello c’è una chiara definizione di ruoli e compiti. Non solo: io in Italia ho lavorato, avendo splendide esperienze nel settore giovanile… La differenza che c’è qui è che mentre da noi è un mondo a parte rispetto alla prima squadra, in Inghilterra non è così, prima squadra e giovanili vivono gli stessi spazi e c’è più contatto. E poi una cultura della partita magnifica: anche seguire da tifoso, con la pinta prima della gara, viaggiare e convivere tranquillamente assieme ai tifosi avversari è fantastico. Persino in First Division (il terzo livello del calcio inglese), quando sono andato a vedere un nostro calciatore in prestito, ho potuto godere di questa altissima cultura calcistica, dagli stadi alla civiltà“.
Un sogno, dunque, passare da pentole e barattoli a rifilare 5 gol allo United: “Mi sento un fortunato. E questo mi spinge anche per carattere a migliorarmi quanto più possibile perché la fortuna se arriva devi poggiarla su tutto il resto. Il contesto qui è di altissimo livello, ovviamente, per esempio in allenamento i portieri si aspettano di ricevere sempre il tiro perfetto: non nego che nelle prime occasioni un po’ il piede mi tremava calciando. Per questo mi sono messo a lavorare al massimo su me stesso per essere all’altezza“. Anche per non far svanire quel sogno: “L’ambizione? Io lavoro al massimo: questa esperienza è splendida e la possibilità di lavorare con professionisti straordinari mi dà l’occasione di rubare il più possibile il mestiere. Ce la metto tutta”. Già, anche perché di lavoro ce n’è, come in cucina, d’altronde, in Inghilterra una grossa tradizione di portieri non c’è: “Però un po’ la situazione sta cambiando. Parlare di scuole – spiega Sacha Lanci – dei portieri poteva avere un senso prima, oggi si sono un po’ mischiate. Però è vero: noi italiani siamo maniacali sulla preparazione calcistica, proprio come lo siamo in cucina, e questo ci ha consentito di sfornare sempre ottimi portieri. Un nome? C’è un ragazzino al Watford che promette benissimo: si chiama Vincent Angelini“. E sì: ha origini italiane.