di Jakub Stanislaw Golebiewski
Ieri pomeriggio ho assistito a una polemica tra Marco, un mio conoscente, e sua figlia adolescente sulla manata inflitta dal tifoso dell’Empoli alla giornalista Greta Beccaglia. Il padre le spiegava che quella “semplice” pacca sul sedere era certamente frutto di maleducazione, ma non era poi un fatto così grave perché “c’è di peggio”. Continuando con tono pacato le diceva che quell’uomo, comunque, avrebbe pagato amaramente la sconsideratezza del gesto col Daspo, non avrebbe potuto seguire la squadra del cuore per tre anni e avrebbe persino subito un processo rischiando dai 6 ai 12 anni di carcere. Per di più stava subendo una gogna e tutto questo per una semplicissima pacca sul sedere.
La figlia controbatteva: “Voi uomini dite così perché non sapete cosa significa avere le mani addosso“.
Mi è sembrato che Marco fosse abbastanza indifferente alle parole e alla rabbia della figlia. Se fossi stato al suo posto mi sarei preoccupato e avrei chiesto se per caso fosse capitato anche a lei di subire palpeggiamenti o altre forme di aggressione verbale per strada o a scuola.
Tra quel noi (le donne) e quel voi (gli uomini), nelle parole concitate di quella adolescente, stava tutta la distanza tra la condizione maschile e quella femminile. Tra chi camminando per strada può essere apostrofata, palpeggiata e molestata e chi può camminare tranquillo perché non sarà mai trattato come una preda sessuale. Il catcalling o molestie sessuali sono un fenomeno tutt’altro che banale, che condiziona la vita di milioni di donne nel mondo.
Un paio di anni fa, il gruppo americano “Hollaback!”, in collaborazione con la Cornell University, ha condotto una ricerca coinvolgendo 22 Paesi sull’impatto delle molestie sessuali sui comportamenti delle donne che le subiscono. È emerso che l’84% delle donne intervistate ha ricevuto molestie dalla strada prima dei 17 anni con conseguenze psicologiche negative. Le vittime hanno raccontato di provare sentimenti di rabbia e umiliazione. L’Italia è risultata essere tra i Paesi con la più alta percentuale di donne che hanno scelto di cambiare strada per tornare a casa dopo aver subito episodi di catcalling.
Non possiamo quindi minimizzare come ha fatto Marco che, come tanti altri, pensa: “Che cos’è poi una pacca sul sedere, uno strusciamento, qualche parola lasciva? Le violenze sono ben altre”.
Eppure, anche quando le violenze sono ben altre e si tratta di stupri e abusi che le donne denunciano, noi uomini non ci troviamo mai immersi in una corale e comune indignazione a sostegno alla vittima. Ci sono sempre dei “se” e dei “ma”, ci sono le giustificazioni per gli stupratori, ritenute attenuanti, e i giudizi sommari sulle donne che hanno subito lo stupro a significare (per loro) che è la stessa donna la causa dello stupro. O non si crede alle vittime, dubitando della loro parola, o le si denigra per essersi messe in quella situazione, per aver bevuto, per essere andate in giro di notte in minigonna e autoreggenti, per le loro scelte sessuali, per aver provocato. Ma allora quand’è che le donne possono dire no a una violenza, che sia una pacca sul sedere, un commento volgare o uno stupro, ricevendo solidarietà ed empatia da parte di tutti, e mi riferisco soprattutto a noi uomini?
In fondo l’ipocrisia del benaltrismo cela malamente il fastidio per un silenzio che è stato rotto. I tifosi che hanno innalzato lo striscione nello stadio la domenica successiva all’aggressione di Beccaglia – “Razzisti, sessisti mai giornalisti” – hanno addirittura sbandierato un orgoglio misogino e maschilista, come del resto ha fatto anche il giornalista Filippo Facci dopo essere stato bannato da Facebook per aver ironizzato sull’aggressione a Greta Beccaglia.
C’è chi si sarebbe sentito molto meglio se quest’ultima avesse sorriso e fatto finta di niente. Quando invece le donne rompono il silenzio e dismettono la maschera del sorriso perché un uomo pensa di poterle trattare come “pali della luce da prendere a calci”, in troppi reagiscono con stizza e rancore. Forse, e ne sono fermamente convinto, hanno qualche scheletro nell’armadio o temono prima o poi di averlo.
Cari maschietti alfa, svegliamoci da questo incantesimo cercando di essere civili, sempre e con chiunque.