Fino a 1,5 milioni di ettari di terreno agricolo sottratti alla produzione, con perdite di 31 miliardi di dollari all’anno. Colpa della salinizzazione, che insieme alla sodificazione rappresenta uno dei principali processi di degrado del suolo. E il problema riguarda ormai l’8,7% del Pianeta ovvero oltre 833 milioni di ettari. Lo dice l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – Fao – in occasione della Giornata mondiale del suolo, celebrata il 5 dicembre: nel suo ultimo report si evince come il 55% dei Paesi intervistati non ha capacità adeguate per svolgere analisi su questo tema. A essere minacciata è anche la nostra sicurezza alimentare, dato che la produzione del 95% del cibo che mangiamo dipende proprio dai terreni.
“Oggi oltre il 33% dei suoli mondiali è affetto da forti limitazioni per la produzione di alimenti, mentre continuiamo a perderne ogni mezz’ora 500 ettari: uno scenario drammatico in cui le terre da destinare all’agricoltura sono ormai limitatissime”, ha sottolineato il presidente del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) Carlo Gaudio. Un dato ancora più preoccupante perché il suolo, spiega Gaudio, “Sostiene il 90% di tutta la produzione di alimenti, mangimi, fibre e combustibili. Si tratta di un bacino di carbonio globale, che svolge un ruolo fondamentale nel potenziale rallentamento del cambiamento climatico. Purifica e regola le acque, è il motore per cicli di nutrienti”. Qui risiede “oltre il 90% della biodiversità del Pianeta in termini di organismi viventi. Si pensi che solo nei primi 5 centimetri di suolo vivono i microrganismi che mineralizzano la frazione organica: perderli significa compromettere la fertilità dei nostri campi”.
L’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha certificato che in Italia nel corso del 2020 sono stati consumati oltre 21 miliardi di metri quadri. Con un incremento di 5175 ettari rispetto al 2019. “A salire sul podio negativo sono in particolare Lombardia, Veneto e Campania, che hanno raggiunto percentuali a doppia cifra, rispettivamente il 12,1% di suolo consumato nel 2020, l’11,9 e il 10,4″, lo dicono in una nota i co-portavoce nazionali di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi. La regione più virtuosa in questo ambito, sottolinea sempre Ispra, è invece la Liguria: registra un consumo netto dello 0.08%. “I danni, in termini economici, sono già alle stelle: se la velocità di consumo di suolo dovesse rimanere quella attuale, a causa della perdita dei servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo tra il 2012 e il 2030, l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere un costo complessivo compreso tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza“. E Bonelli ed Evi aggiungono: “È paradossale che, mentre il tema della giornata di oggi riguarda l’importanza di mantenere ecosistemi sani per il benessere umano, siamo raggiunti da notiziecome il rinvenimento di concentrazioni notevoli di glifosate e altri fitofarmaci nella piana vivaistica pistoiese e nella Valdinievole, di Pfas nei terreni agricoli del Veneto, di desertificazione incalzante, di eccessiva impermeabilizzazione dei suoli che, non consentendo alle acque di defluire, espone persone e beni culturali ai danni causati dagli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico”.
Altrettanto paradossale, dicono, è la discussione sull’Ecobonus 110% in legge di Bilancio: “Non ha senso ridimensionare una misura che permette di rilanciare l’economia mentre aumenta l’efficienza energetica degli edifici e favorisce le ristrutturazioni e riqualificazioni di strutture già esistenti a scapito di un’edilizia selvaggia che consuma suolo e ingrossa così le percentuali, già molto elevate, di territorio a elevato rischio di dissesto idrogeologico”. Bonelli ed Evi richiedono perciò la necessità di “misure organiche che consentano al nostro Paese di raggiungere l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto fissato dalla Commissione europea per il 2050 e confermato nel piano di azione del Green Deal. Ci chiediamo – concludono – cosa stia facendo il ministro alla Transizione ecologica oltre a spargere paura e favorire il nucleare, già bocciato da due referendum”.
Un’arma per contrastare il problema – almeno nel nostro Paese – possono essere i 12 milioni di ettari di foreste, che coprono quasi il 40% del territorio nazionale e rappresentano un bene prezioso da proteggere e valorizzare. La Conferenza Stato – Regioni e Province autonome ha dato il via libera al decreto del ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, di concerto con i ministri della Cultura, Transizione ecologica e Sviluppo economico, che definisce azioni, caratteristiche e strumenti della Strategia Forestale Nazionale. Un capitale naturale che la Strategia mette al centro delle politiche per la tutela della natura, della biodiversità, per l’economia circolare, per le bioenergie, per la prevenzione dagli incendi boschivi, per la produzione di legname ed altri prodotti del bosco e al centro quindi dell’interesse comune. Un ampio progetto di gestione forestale sostenibile, che punta a coltivare i 12 milioni di ettari di foreste italiane esistenti seguendo le loro vocazioni, ripristinando quelle danneggiate e incoraggiando l’evoluzione delle nuove. Vuole inoltre espandere le piantagioni da legno, sia a ciclo lungo e sostenere le foreste urbane e periurbane.