Bergoglio è tornato nell’isola greca, dove era stato nel 2016, proprio per incontrare i tanti profughi chi lì vivono in condizioni disumane: "Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica"
“In Europa c’è chi persiste nel trattare il problema come un affare che non lo riguarda. Questo è tragico. E quante condizioni indegne dell’uomo. Quanti hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte”. Dall’isola di Lesbo, in Grecia, dove ha visitato un campo profughi, Papa Francesco è tornato a condannare il vecchio continente per le sue politiche sui migranti. Bergoglio, che durante la prima parte del suo viaggio svoltasi a Cipro ha denunciato i lager dei rifugiati, è tornato nell’isola ellenica, dove era stato nel 2016, proprio per incontrare i tanti profughi chi lì vivono in condizioni disumane. “Eppure – ha affermato il Papa a Lesbo – il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto. È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri e dei fili spinati. Certo, si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza. È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo, di ogni donna, di ogni persona”.
A Lesbo Francesco ha ascoltato le testimonianze di alcuni rifugiati e volontari e ha sottolineato che “la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo. Sì, è un problema del mondo, una crisi umanitaria che riguarda tutti. La pandemia ci ha colpiti globalmente, ci ha fatti sentire tutti sulla stessa barca, ci ha fatto provare che cosa significa avere le stesse paure. Abbiamo capito che le grandi questioni vanno affrontate insieme, perché al mondo d’oggi le soluzioni frammentate sono inadeguate. Ma mentre si stanno faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici, tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni. Eppure ci sono in gioco persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato. Solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi, la storia lo insegna, portano a conseguenze disastrose”.
Per Bergoglio, infatti, “è un’illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro. La storia, ripeto, lo insegna, ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi”. E ha aggiunto: “Superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa”.
Nel suo discorso, il Papa ha, inoltre, amaramente constatato che, dopo cinque anni dalla sua precedente visita a Lesbo, “sulla questione migratoria poco è cambiato”. Precisando che “in diverse società si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura. Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subito, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso. È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi; c’è invece la necessità di accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui”.
Francesco ha chiesto di ripartire guardando i volti dei bambini: “Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: ‘Quale mondo volete darci?’. Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi’ si trasformi nel ‘mare della dimenticanza’. Fratelli e sorelle, vi prego, – è stato l’appello del Papa – fermiamo questo naufragio di civiltà”. Condannando, infine, chi “offende Dio, disprezzando l’uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani”.
Twitter: @FrancescoGrana