Come archivio contabile delle società calabresi che amministrava di fatto, Massimo Ferrero utilizzava un’automobile. Nello specifico un’Audi S8. O almeno è quello che voleva far credere, denunciando il finto furto della full size di lusso “all’interno della quale era custodita una borsa in pelle contenente tutta la documentazione contabile” (libro giornale, registri Iva, libro inventari, verbali di assemblea, libro cespiti e registro verbali del consiglio d’amministrazione) di quattro srl con sede in provincia di Cosenza: Ellemme Group, Blu Cinematografica, Blu Line (tutte e tre dichiarate fallite a settembre 2017) e Maestrale (dichiarata fallita ad agosto 2020). Lo scopo? “Procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto” o “recare pregiudizio ai creditori”, rendendo impossibile “la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”. C’è anche questo tra i capi d’accusa per cui la procura di Paola ha chiesto e ottenuto l’arresto del presidente della Sampdoria, indagato per reati fallimentari e da lunedì in custodia cautelare in carcere a Milano. Con lui sono finiti ai domiciliari la figlia Vanessa, consigliera d’amministrazione della Samp dal 2014 al 2018, nella sua qualità di ex amministratrice unica della Ellemme, e il nipote Giorgio, ex amministratore unico della Blu Line e altre due holding della galassia Ferrero, la Eleven Finance e la Mediaport Cinema.
Per il fallimento della Ellemme, Massimo e Vanessa Ferrero sono accusati di bancarotta fraudolenta aggravata insieme a Laura Sini, ex moglie del patron blucerchiato e già membro del cda, e al commercialista Aniello Del Gatto, liquidatore della srl dal 2013 (anche lui arrestato). Oltre al furto simulato dell’Audi, i pm contestano loro di aver omesso “sistematicamente, dall’anno 2009 alla data del fallimento di versare imposte, contributi previdenziali e oneri accessori per un importo complessivo di euro 5.932.393,43“, destinando “consapevolmente la liquidità della Soc. Ellemme Group a scopi diversi dall’adempimento dell’obbligazione tributaria e previdenziale” (accusa che riguarda, seppur rispetto a somme minori, anche altre società). Inoltre, per tre anni di fila, dal 2011 al 2013 – si legge – la Ellemme si accollava centinaia di migliaia di euro di debiti (806mila nel 2011, 208mila nel 2012, 239mila nel 2013) che altre società del Gruppo Ferrero avevano contratto con Rai Cinema, “senza richiedere alcuna controprestazione e senza pattuire interessi corrispettivi”.
Ma gli esborsi della piccola srl calabrese a favore delle società “cugine” e a danno di soci e creditori non finiscono qui. Il 30 settembre 2013, recita un altro capo d’accusa, i tre Ferrero – Massimo, Vanessa e Giorgio – stipulavano tra loro “un contratto di cessione di crediti e diritti di sfruttamento economico di opere per l’importo complessivo di 7.800.000,00” a favore della Eleven Finance, allora amministrata da Giorgio: anche qui, senza chiedere nulla in cambio. Un altro milione e 400mila euro la Ellemme lo regalava alla Mediaport Cinema (anch’essa gestita dal nipote) rinunciando alla restituzione della somma, anticipata nell’ambito di un preliminare di compravendita poi risolto. Poi c’erano i prestiti infruttiferi “privi di giustificazione causale” a favore di altre società del gruppo: un totale di 7.618.807,67 euro, di cui oltre cinque milioni alla Blu Cinematografica e 1.344.446,63 alla Mediaport. Infine, nel periodo in cui è stata amministratrice unica della Ellemme – e in particolare negli anni 2011 e 2012 – Vanessa Ferrero è inoltre accusata di essersi appropriata di 740.520 euro dai conti correnti societari attraverso centinaia di prelievi.
Sia il bilancio della Ellemme sia quello delle altre società, nella ricostruzione accusatoria, erano regolarmente falsificati “esponendo fatti materiali non rispondenti al vero” e “omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge”. In particolare, nel bilancio 2008 della Blu Cinematografica Ferrero era riuscito – gonfiando varie voci del conto economico, tra cui il valore del poco fortunato horror “L’Ombra – Shadow” diretto dal frontman dei Tiromancino Federico Zampaglione – a nascondere un rosso di ben 11.567.803 euro, esponendo invece un attivo di 2.039.310 euro approvato dai soci, “inducendo in errore e dolosamente sottacendo ai terzi lo stato di insolvenza della Società e ritardando lo scioglimento della stessa, deliberato solo in data 20.03.2014”. Per quanto riguarda la Blu Line, a Massimo Ferrero e ai tre amministratori unici succedutisi dal 2006 al 2014 (Giorgio Ferrero, Davide Fazioli e Roberto Coppolone) è contestato di aver distratto 2.344.437 euro “cedendo a titolo gratuito (…) l’utilizzo della imbarcazione AZIMUT 105/25 a Ferrero Massimo” dal 2008 al 2011, “a fronte di costi sostenuti dalla Società per il contratto di leasing”. Infine, la Maestrale: qui, tra le altre accuse, c’è quella a Ferrero e Coppolone di aver distratto “dal patrimonio sociale la somma complessiva di euro 494.184,96, versata (…) per la locazione finanziaria di un complesso immobiliare a Tarano, in provincia di Rieti, “utilizzato di fatto, da Ferrero Massimo per fini personali”.