Biden e Putin impegnati in un colloquio a distanza, durato due ore. Al centro l’Ucraina: il dialogo è stato teso, al punto da spingere il Pentagono a valutare anche un eventuale piano di evacuazione degli americani in caso di blitz. Mosca ha invece sottolineato la responsabilità della crisi nei rapporti fra Russia e Occidente “non dovrebbe essere addossata sulle spalle della Russia poiché è la Nato che sta facendo pericolosi tentativi di conquistare il territorio ucraino e sta aumentando il suo potenziale militare ai nostri confini”.
Putin ha ammassato mezzi militari e 100mila soldati al confine con l’Ucraina, per chiedere “garanzie legali” contro l’espansione della Nato ad est e l’installazione di armi alla frontiera con la Russia, le sue “linee rosse” per mantenere Stati cuscinetto con la Nato. Biden invece ha minacciato sanzioni senza precedenti: secondo i media Usa sono rivolte dall’entourage di Putin alle banche e al settore energetico (compreso il Nord Stream), fino a colpire il debito sovrano, a bloccare la convertibilità del rublo e a escludere Mosca dal circuito Swift per i trasferimenti finanziari su scala globale. Ha inoltre fatto sapere di essere pronto a rafforzare la presenza militare Usa nell’Europa orientale.
Il presidente americano, che ha ribadito il suo sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, poteva vantare inoltre l’unità degli alleati europei (consultati prima e dopo il vertice), anche sulle sanzioni, come ha confermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen poco prima del faccia a faccia: “L’Ue risponderà in modo appropriato in caso di una nuova aggressione, di violazioni del diritto internazionale e di qualsiasi altra azione dolosa intrapresa contro di noi o i nostri vicini, inclusa l’Ucraina”, ha annunciato paventando nuove sanzioni, oltre al rafforzamento e all’estensione di quelle già esistenti.
Questo poco dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky era andato in uniforme da combattimento a visitare le truppe al fronte contro i separatisti filorussi del Donbass e il neo ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov metteva in guardia contro un “bagno di sangue” in caso di invasione russa. Un’ipotesi negata dal Cremlino e liquidata come “isteria” occidentale. Non volendo e non potendo concedere a Putin un diritto di veto sulle ambizioni ucraine di aderire alla Nato (traguardo fissato anche nella costituzione di quel Paese), Biden ha comunque esortato Putin ad una “de-escalation e al ritorno alla diplomazia“. Un via concordata con gli alleati europei, nella convinzione comune che “la diplomazia, specialmente attraverso il formato Normandia, è l’unico modo per andare avanti e risolvere il conflitto nel Donbass attraverso l’attuazione degli accordi di Minsk”. Accordi in stallo da anni. Una delle vie d’uscita, secondo Foreign Affairs, sarebbe proprio l’ingresso degli Usa nel formato Normandia (Francia, Germania, Russia e Ucraina) ripensando il processo di pace previsto dagli accordi di Minsk II del febbraio 2015. Una mossa che potrebbe aiutare Kiev a sentirsi meno minacciata da Mosca. E garantire al Cremlino un dialogo diretto con la Casa Bianca e una sua maggiore attenzione sullo scacchiere europeo, confermando lo status di superpotenza della Russia. Nel colloquio comunque son stati affrontati anche altri dossier spinosi: la stabilità strategica, l’Iran, l’Afghanistan e la cyber-sicurezza.
Intanto è arrivata la notizia che i parlamentari Usa hanno incluso nella legge annuale che finanzia la difesa 300 milioni di dollari di aiuti all’esercito ucraino ma non la norma che avrebbe costretto Joe Biden a imporre sanzioni contro il Nord Stream. Nella legge, che autorizza in totale una spesa di 770 miliardi di dollari e che è stata resa nota dopo il summit tra Biden e Vladimir Putin, ci sono anche 150 milioni per l’assistenza alla sicurezza dei Paesi baltici, 4 miliardi per l’iniziativa di difesa europea e una dichiarazione di sostegno alla difesa di Taiwan.