Sono 25 anni che i Jalisse provano a tornare a Sanremo, ma ogni anno i loro brani vengono rifiutati. “Perché?”, si chiedono Fabio ed Alessandra, che nel 1997 vinsero la kermesse con “Fiumi di Parole”. Da allora, il teatro Ariston l’hanno potuto vedere solo dal televisore. “Noi festeggiamo perché non immaginavamo tutto questo. Articoli, meme, le tendenze su Twitter, i messaggi affettuosi ricevuti da parte del pubblico. Cosa vuol dire tutto questo? Secondo noi, che la gente continua a seguirci ed è incuriosita dal nostro progetto. È ovvio che se fossimo stati là, sul palco del Festival, sarebbe stato bellissimo, però questo ci fa capire quanto il pubblico ci sia vicino. Se il pubblico ci vuole, perché gli addetti ai lavori ci ostacolano? Questa è la domanda che ci facciamo, ma non abbiamo ancora trovato una risposta”, raccontano a FqMagazine.
Quante volte vi siete fatti questa domanda?
“Ogni anno. Non c’è un ostracismo da parte del pubblico, questo l’abbiamo capito. C’è semmai una forzatura tra gli addetti ai lavori. 25 anni sono tanti. È un figlio che comincia ad andare a scuola, poi prende la patente, poi a all’Università, poi si sposa. È un quarto di secolo, ragazzi!”.
Voi pensate di essere stati in qualche modo boicottati in questi anni?
“Gigi Vesigna, nel 2009, ci chiamò per dirci che su di noi c’era stato un pesante ostracismo subito dopo la vittoria del Festival. Cosa c’è che noi non sappiamo? Dal 1997 a oggi è passato tanto tempo. È solo un fatto di pregiudizio? Che significa tutto ciò? Sono domande, per noi, senza risposta”.
Amarezza, delusione, dispiacere o rabbia: quali sono i vostri sentimenti?
“Il nostro percorso artistico va avanti a prescindere da Sanremo. Noi ci definiamo degli artigiani della musica, siamo come un piccolo fornaio che produce il pane caldo al mattino. Durante il lockdown è nato l’album ‘Voglio emozionarmi ancora‘. Noi abbiamo scritto testo e musica, arrangiamenti. L’abbiamo suonato, cantato e mixato. All’interno c’è anche la canzone esclusa da Sanremo nel 2021. Non è che ci siamo messi a piangere o abbiamo sbattuto i pugni sul tavolo. Non stiamo fermi ad aspettare il prossimo Sanremo. Uno dei brani di quell’album è diventato la colonna sonora di un docu-film, che sta partecipando a diversi concorsi internazionali. Abbiamo lavorato con la professoressa Montalcini, con il carcere di San Vittore, con le scuole. Facciamo il nostro lavoro, magari con meno visibilità, ma continuiamo a farlo”.
Nel 2022 cadrà l’anniversario dei 25 anni di “Fiumi di Parole”. Arriverà mai un invito, anche solo come ospiti?
“Sono fantasie che uno ha, ma non siamo noi a decidere. Sarebbe indubbiamente bello. Noi ci teniamo anche a precisare che non ce l’abbiamo con Amadeus. Noi ci chiediamo quale sia la motivazione di tante esclusione, non solo di quest’ultima. Amadeus lo ringraziamo ancora per averci dato la possibilità di presentarci a “Ora o mai più”, e quindi di cantare al pubblico della prima serata, che per tanti anni ci era stato ostruito. Dopodiché, Alessandra ha potuto fare “Tale e Quale Show”. Ricordo ascolti molto importanti, e in tutte e due le occasioni siamo arrivati secondi”.
Continuerete a candidarvi al Festival?
“Fino al 2030, sicuramente. Le tradizioni vanno mantenute. Siamo arrivati fin qui, non possiamo arrenderci ora. Anche perché, se esistesse un premio alla costanza, noi vorremmo essere i primi a vincerlo”.
Crea frustrazione questa situazione?
“Non ha senso buttarsi giù. Una volta che ti butti giù, fai fatica a tornare su. Questa condizione l’abbiamo vissuta negli anni passati. Da quei momenti abbiamo imparato che dopo una sconfitta, c’è sempre una vittoria dietro l’angolo”.