Si tratta di un primo passo, un tenue segnale di distensione da parte dell’Egitto nei confronti dell’Italia dopo anni di mancata collaborazione e menzogne sul caso Regeni. Ma per Patrick Zaki e la sua famiglia oggi è arrivata la prima vittoria dall’arresto dello studente del 7 febbraio scorso: lo studente dell’università di Bologna sarà scarcerato dopo 22 mesi di detenzione con l’accusa di diffusione di false informazioni legate alla pubblicazione di un articolo in cui denunciava le mancate garanzie offerte dal regime di Abdel Fattah al-Sisi nei confronti della popolazione copta del Paese. La decisione del giudice monocratico non equivale però a un’assoluzione: Zaki rimane imputato, con la prossima udienza fissata per il 1 febbraio, e rischia una condanna fino a 5 anni di carcere. Ma nell’aula del tribunale di Mansura dove oggi si teneva la nuova udienza del processo a suo carico si sono levate urla di gioia lanciate dai familiari e dagli attivisti presenti insieme a una delegazione diplomatica dell’Italia, dell’Unione europea e di altri tre Paesi: Spagna, Stati Uniti e Canada. “Vi siamo molto grati per tutto quello che avete fatto”, ha detto il padre, George, ai diplomatici di Roma.

Quello che rischiava di trasformarsi nell’appuntamento che avrebbe messo il sigillo su una condanna inappellabile per lo studente e attivista egiziano ha invece portato a un risultato insperato anche dalle organizzazioni non governative che dall’inizio seguono il caso, come Amnesty International, e dagli stessi legali del giovane. Proprio il suo avvocato, Hoda Nasrallah, aveva subito avanzato la richiesta di acquisire altri atti per dimostrare sia una presunta illegalità durante l’arresto che la correttezza dell’articolo sui copti alla base del processo, provocando la sospensione quasi immediata, dopo appena 4 minuti, dell’udienza. Adesso, la difesa del giovane ha fatto sapere che, dalle informazioni in loro possesso, la liberazione di Patrick Zaki potrebbe avvenire già in giornata.

Lo studente ai diplomatici italiani: “Sto bene”
Come a ogni appuntamento in tribunale dopo l’arresto dello studente egiziano dell’università di Bologna, l’attenzione della rappresentanza straniera era alta per monitorare il corretto svolgimento delle udienze, prima quelle di rinnovo della detenzione e, successivamente, del processo stesso, e il rispetto dei diritti umani e civili. Presente “per la prima volta” anche “un pm”, aveva fatto una fonte in aula. Uno dei diplomatici italiani ha potuto avvicinare il ragazzo poco prima dell’inizio e scambiare qualche parola con lui: alla richiesta su come stesse il giovane ha risposto “bene, bene, grazie” alzando il pollice e ringraziando l’Italia per l’attenzione riservata al suo caso. Parole che sembrano allontanare definitivamente l’ipotesi di violenze nei suoi confronti circolata ieri e poi smentita dall’associazione ‘Patrick Libero’. Anche se sulle sue nuove condizioni detentive, dopo il trasferimento dal carcere di Tora a quello di Mansura, una fonte informata sulle condizioni carcerarie ha spiegato che “si sta meglio a Tora, dove almeno c’è il bagno in cella. Qui a Mansura dopo le 4 del pomeriggio si può usare solo il bugliolo, il secchio usato come latrina dentro la cella”.

Le richieste della difesa
Fin da subito Nasrallah ha chiesto di poter acquisire le registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo, i verbali redatti da un agente della Sicurezza Nazionale e da uno della polizia, oltre alle copie di verbali di un processo civile e la convocazione di un teste. Le registrazioni video serviranno, secondo l’accusa, per dimostrare che Patrick fu arrestato all’aeroporto del Cairo e non a casa propria, a Mansura, come invece sostenuto dalla Procura. I verbali richiesti sono quelli del funzionario della sicurezza nazionale che documentò l’arresto al Cairo e quello dell’agente di polizia che ha invece registrato il fermo a Mansura, documenti che dovrebbero dimostrare l’illegalità del fermo.

Infine, gli atti del processo civile riguardano un cristiano che sarebbe stato discriminato impedendogli di testimoniare in un caso di eredità contesa del 2008, come sostenne Patrick nell’articolo del 2019 sulle discriminazione dei copti in Egitto. Sempre in relazione all’articolo, Nasrallah ha chiesto che venisse anche acquisita la testimonianza del fratello di un soldato cristiano ucciso da terroristi islamici e al quale sarebbero stati negati adeguati onori, come sostenuto sempre dall’articolo scritto dallo studente.

Le reazioni
Tra le prime reazioni è arrivata quella del capo politico del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che a L’Aria che tira su La7 ha dichiarato: “È una bella notizia perché sia il caso Regeni e poi Zaki sono stati quelli che ho seguito particolarmente” a Palazzo Chigi. “È una notizia parzialmente buona”, ha poi concluso. “Uno spiraglio, la luce finalmente”, si è limitato a scrivere sui social il segretario del Pd, Enrico Letta. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, parla di “primo obiettivo raggiunto. Patrick Zaki non è più in carcere. Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico”. Mentre da Palazzo Chigi fanno sapere che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, esprime soddisfazione per la scarcerazione di Zaki, la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del governo italiano, si legge in una nota.

Il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto, dice: “Non sappiamo ancora a che condizioni e quando ma Patrick Zaki sarà scarcerato in attesa della sentenza prevista per il 1 febbraio. Una bella notizia per tutti coloro che in questi anni hanno continuato battersi per la sua libertà”. Mentre il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, non vuole esultare troppo in anticipo: “Finalmente Patrick Zaki sarà scarcerato. Dopo 22 mesi di sofferenze, un primo passo avanti nella direzione giusta. Continueremo a chiedere la sua completa assoluzione e a batterci perché possa tornare al più presto ai suoi studi in Italia. Ti aspettiamo, Patrick”, ha twittato.

Amnesty International, dopo essersi dichiarata pessimista in mattinata, esulta per la decisione del giudice egiziano: “Un enorme sospiro di sollievo perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare poi a un provvedimento di assoluzione – ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia – L’idea che Patrick possa trascorrere dopo 22 mesi una notte in un luogo diverso dalla prigione ci emoziona e ci riempie di gioia. In oltre dieci piazze italiane questa sera scenderemo con uno stato d’animo diverso dal solito e più ottimista”.

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