C’è un dettaglio importante nella decisione del giudice monocratico di Mansura di scarcerare Patrick Zaki. Un particolare che va oltre la cronaca di oggi e di tutta la sua vicenda. In attesa di stabilire se la Procura dello Stato deciderà di fare appello alla decisione della Corte di far uscire di prigione lo studente dell’università di Bologna, che rimane comunque imputato, il provvedimento rappresenta la prima buona notizia sull’asse dei rapporti Egitto-Italia sul fronte della giustizia e dei diritti umani. Siamo alla vigilia del sesto anno dalla scomparsa e poi dal ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, avvenuto il 3 febbraio del 2016. Da quel giorno, a parte le aperture di facciata tra procure sul fronte giudiziario, tra i due Paesi le relazioni su questo fronte sono state molto fredde. Il regime di Abdel Fattah al-Sisi ha prima fatto di tutto per derubricare il rapimento e l’omicidio di Regeni a un fatto di pura criminalità ordinaria, tra depistaggi e azioni diaboliche (vedi lo sterminio della presunta banda composta da membri di una famiglia che nulla aveva a che vedere con la morte del ricercatore friulano). Successivamente ha arrestato e messo in carcere lo studente Erasmus con accuse discutibili. Oggi, seppur ancora distanti dall’obiettivo finale, ossia la piena assoluzione del giovane egiziano arrestato all’aeroporto del Cairo il 7 febbraio scorso, qualcosa si è mosso.
Patrick Zaki verrà scarcerato tra la tarda serata di oggi e domani mattina, ma il suo processo resta ancora in piedi e riprenderà nella prossima udienza, fissata per il 1 febbraio 2022. Seguendo le procedure, Patrick dal tribunale di Mansura dovrebbe essere riportato nel carcere di Tora, al Cairo, per sbrigare le ultime formalità e poi riportato a Mansura per il rilascio definitivo. La speranza era che la parte burocratica potesse essere risolta direttamente nella città sul Delta del Nilo, dove Patrick è nato nel giugno del 1991, con la firma sulla scarcerazione dalla stazione di polizia competente senza questo ulteriore trasferimento. Restano da capire alcuni dettagli sulle modalità della sua liberazione, tra cui il regime che eventualmente dovrà osservare in attesa della prossima udienza. Pare ormai certo però che Patrick Zaki non sarà posto in libertà vigilata, con l’applicazione quindi di misure quali l’obbligo di firma o addirittura di dover passare 12 ore (dalle 20 alle 8) in una stazione di polizia e 12 a casa. Tutto ciò per quanto concerne l’immediatezza.
Patrick Zaki è originario dell’Egitto, ma grazie ai suoi studi in Italia e quanto accaduto il 7 febbraio 2020 è come se fosse stato adottato dal nostro Paese, disposto a concedergli la cittadinanza italiana pur di vederlo libero. Il caso di Patrick è diventato anche dirimente nelle relazioni tra i due Paesi, al di là degli ottimi rapporti economici neppure sfiorati dalle magagne giudiziarie. La scarcerazione dello studente egiziano, sebbene non si debba parlare ancora di assoluzione, è un passo in controtendenza rispetto al passato e dunque andrà interpretato alla luce dell’altro caso pendente: la verità sulla morte di Giulio Regeni.
Restando all’attualità, ora bisognerà capire lo scenario a breve termine per Patrick Zaki. Come accennato poco fa non è certo, ma molto probabile, che la Procura decida di non contrastare il parere della Corte di Mansura facendo appello, e dunque opponendosi al rilascio del detenuto. In passato è accaduto spesso in Egitto che le scarcerazioni di detenuti, specie gli attivisti per i diritti umani, fossero bloccate e di fatto cancellate in attesa di ulteriori provvedimenti giudiziari. Detto questo, è invece impossibile che Patrick Zaki possa tornare a viaggiare e dunque rientrare in Italia per riprendere gli studi accademici ‘in presenza’. Almeno fino al 1 febbraio e al prossimo parere giudiziario. La scarcerazione, tuttavia, gli consentirà di riprendere i contatti con l’università di Bologna e magari anche le lezioni a distanza attraverso le piattaforme del caso. E soprattutto garantirà a lui di riabbracciare la famiglia, i genitori e la sorella in primis, e con loro festeggiare il Natale copto, il 7 gennaio, da uomo libero.