Il 7 dicembre si inaugura, come da consuetudine, la stagione del teatro alla Scala di Milano. Titolo verdiano in cartellone: Macbeth, che mancava da molto tempo nelle stagioni scaligere, a dirigere Riccardo Chailly, il maggior direttore verdiano vivente e direttore musicale del teatro milanese, la regia sarà di Davide Livermore. Chailly ha un onusto carnet di referenze per l’opera in cartellone, avendo assistito Abbado nel 1975 nelle mitiche recite dirette dal suo indimenticato maestro e avendone diretto a Bologna, e poi inciso, un’edizione spettacolare in disco (poi anche in video). Oltre la cortina fumogena dell’evento mondano, cerimonia laica meneghina tra le più sentite, con parti come sempre contrapposte, il cartellone prevede la presenza innanzitutto della star sopranile di questi anni, Anna Jur’evna Netrebko, che debutta alla Scala nella parte di Lady Macbeth, insieme ad alcune delle migliori voci di oggi: Luca Salsi come Macbeth, Ildar Abdrazakov, Banquo e Francesco Meli, Macduff.
Macbeth ha notoriamente una tradizione esecutiva tutta moderna, essendo stato in cartellone pochissimo ai tempi del compositore, che rivide la partitura più volte (di cui esistono infatti più versioni), nella certezza che fosse di valore. Il pubblico e i teatri continuarono a preferirgli la trilogia popolare e le opere più tarde, costituendo quindi con il Simon Boccanegra una delle due acquisizioni capitali del Novecento al repertorio di consueta esecuzione del maestro di Busseto.
Il Macbeth di Chailly deve fare i conti, oltre che con il se stesso degli anni Ottanta, con una tradizione esecutiva, dicevamo, relativamente recente ma di tutto rispetto. L’opera inizia infatti ad essere riscoperta nei primissimi anni Cinquanta: Toscanini avrebbe voluto eseguirla a Busseto, in ambito tedesco se ne serbano alcuni documenti sonori ragguardevoli con due Lady Macbeth d’eccezione: Marta Mödl e Astrid Varnay e uno sparuto anticipo (sempre con la mitica Varnay a Firenze nel 1951, in italiano per giunta). Tuttavia bisognò aspettare le recite di uno degli spettacoli più veementi della storia scaligera, che ebbe come protagonista indiscussa un soprano come non se ne avranno uguali e cioè l’apertura della Scala del 1952 con Victor de Sabata sul podio e quella che rimane a tutt’oggi la miglior Lady Macbeth di cui abbiamo documentazione sonora, ovvero Maria Callas. Di quella serata memorabile abbiamo una incisione amatoriale tutt’altro che perfetta ma sufficientemente buona per ascoltare l’epitome delle Lady Macbeth: colore scuro della voce, agilità di potenza da manuale di canto, espressività al limite dell’espressionismo, la facilità di salire al registro acuto imponente e una scena del sonnambulismo allucinata come deve essere, con il famoso re bemolle sovracuto espugnato con una sicurezza quasi ostentata.
Il tutto cantato con infinite nuance vocali, psicologia musicale mobilissima. Insomma per Anna Netrebko il confronto sarà duro, soprattutto perché sempre alla Scala ancora forse risuonano le note dell’altra grandissima Lady consegnata al disco: quella di Shirley Verrett con Abbado, altro mostro sacro con una voce enormemente ampia, acuti saldi, centri imponenti e una capacità di incarnare la parte prossima a quella della mitica Maria. Confronto meno tremendo per il protagonista maschile: nella recita del 1952 Ezio Mascherini era una debole larva in confronto alla sua spietata e mutevolissima Lady, voce non più saldissima, un po’ ballante nel registro acuto ma per una parte che dà largo spazio alla declamazione arginava le falle della decadenza; certo nella grande aria finale ‘Pietà, rispetto, onore’ dove deve affrontare lunghe arcate vocali il sostegno vocale diventava assai faticoso. Con Abbado invece regnò un meraviglioso Piero Cappuccilli nel pieno delle sue grandi possibilità e il confronto per Luca Salsi potrebbe essere stimolante e intimorente.
Dicevamo che Chailly deve fare anche il confronto con la sua edizione bolognese del 1986 con una Verrett un po’ invecchiata ma ancora suprema dominatrice della parte, ancora più scavata psicologicamente se possibile e un ottimo Leo Nucci nella parte del protagonista maschile. Inutile però sottolineare che i riflettori sono puntati soprattutto su Anna Netrebko, che ha già affrontato il personaggio molte volte e notabilmente con Daniel Baremboim nel 2018 dando segno di un’organizzazione vocale un po’ periclitante ma ancora in grado di reggere bene la difficilissima parte. Purtroppo le crepe iniziano a essere evidenti per la cantante, che ha effettuato il giro di boa dei 50 anni ma che ancora non ha nessuna intenzione di tirare i remi in barca, che ha cantato tutto senza risparmiare mai la voce, che è super osannata da pubblico, che ha puntato tutto sulla straripante natura – non sorretta tuttavia da una altrettanto ferrea tecnica vocale. Voce generosa, anzi generosissima e altrettanto grande temperamento, vedremo se alla prima saprà conquistare il pubblico scaligero con una Lady in grado di entrare nel novero delle grandissime e di inserirsi nella galleria delle storiche cantanti che hanno contribuito alla rinascita di questo capolavoro verdiano.