Il gruppo ha "bucato" la scadenza per il pagamento 82,5 milioni di dollari (72 milioni di euro) di interessi su due obbligazioni denominate nella valuta statunitense. Per i creditori esterei si prospetta una ristrutturazione di cedole e scadenze dei titoli
Mancava giusto l’ufficializzazione ora c’è anche quella: il gruppo immobiliare cinese Evergrande è in bancarotta. A mettere il timbro sul default è l’agenzia di rating Fitch che ha portato il suo giudizio sulla società da “C” a “Rd” ossia restricted default. L’agenzia afferma di aver avuto difficoltà ad ottenere informazioni dal gruppo sul mancato pagamento delle cedole. Allo scoccare della mezzanotte (ora di New York) di lunedì scorso il gruppo ha “bucato” la scadenza per il pagamento 82,5 milioni di dollari (72 milioni di euro) di interessi su due obbligazioni denominate nella valuta statunitense.
Nelle settimane precedenti il gruppo era riuscito in più occasioni a schivare il fallimento all’ultimo secondo dei cosiddetti “periodi di grazia” ossia i 30 giorni di tempo aggiuntivi rispetto alle scadenze originarie abitualmente concessi ai debitori per pagare. Fitch ha dichiarato il “restricted default” anche per il gruppo cinese Kaisa, anch’esso operativo nell’immobiliare, e che non ha ripagato un bond da 400 milioni di dollari. Le obbligazioni dei due gruppi costituiscono il 15% di tutti i bond in valuta estera emessi da aziende immobiliari cinesi. Tra i possessori di titoli Evergrande ci sono anche colossi come Blackrock, Ubs ed Allianz.
Evergrande, che ha debiti complessivi per 300 miliardi di dollari, aveva già lasciato intendere che avrebbe provveduto ad una ristrutturazione del suo debito. Ossia un allungamento delle scadenze e una riduzione dei tassi pagati creditori. Pechino ha chiarito che non intende intervenire per salvare il gruppo e i suoi obbligazionisti. Il governo centrale si sta però muovendo per scongiurare il temuto effetto domino con una sequenza di default che potrebbe finire fuori controllo. La banca centrale ha ridotto la quota di riserve che le banche sono obbligate a temere depositate presso l’istituto centrale, un modo per aumentare la liquidità e le capacità di erogare crediti, ed ha immesso nel sistema l’equivalente in yuan di 166 miliardi di euro.