"Nulla di personale contro di lui, ma c'è una seria incompatibilità. Non si è mai visto che un magistrato fa contemporaneamente il politico. Siamo di fronte a qualcosa di eclatante", si sfoga Sergio D'Angelo di Europa Verde. L'ok al rientro in magistratura dell'ex candidato sindaco - con funzioni di giudice di Corte d'Appello a Campobasso - è arrivato martedì dal Csm
La ministra della Giustizia promette “mai più“, al Csm si chiedono interventi contro le porte girevoli. E ora un collega consigliere si dichiara “turbato” dal fatto di condividere l’aula con Catello Maresca. È diventata un caso politico la vicenda dell’ex pm candidato a sindaco di Napoli, da pochi giorni rientrato in servizio con le funzioni di giudice di Corte d’Appello a Campobasso. Senza però dimettersi dal ruolo di capo dell’opposizione di centrodestra in Consiglio comunale partenopeo. “Mi turba essere in aula con un collega come Catello Maresca, che continua a fare il magistrato a pochi chilometri da Napoli”, scrive su Facebook Sergio D’Angelo, consigliere del gruppo di maggioranza Napoli solidale-Europa Verde. “Nulla di personale contro di lui, ma c’è una seria incompatibilità. Non si è mai visto che un magistrato fa contemporaneamente il politico. Per molto meno ho sentito gridare allo scandalo. A volte si censura qualche uscita di Magistratura democratica che interferisce con la politica, ma in questo caso siamo di fronte a qualcosa di eclatante“, attacca.
L’ok al rientro in magistratura di Maresca è arrivato martedì dal Csm, che sulla questione si è spaccato con 11 voti a favore e 10 astenuti. Tra questi ultimi l’intero gruppo di Area (la corrente progressista): “Io ritengo che non sia accettabile consentire ad un magistrato il contemporaneo svolgimento di attività politica e funzioni giudiziarie. Si tratta di una gravissima commistione tra attività giudiziaria e politica che rappresenta un grave vulnus per l’immagine di imparzialità e di indipendenza della magistratura”, ha detto in plenum il consigliere Giuseppe Cascini, denunciando “la colpevole inerzia del legislatore” a cui il Consiglio “ha chiesto da tempo di intervenire sul tema”. Favorevoli invece i togati di Magistratura indipendente, che oggi però chiedono al Comitato di presidenza l’apertura, presso la Sesta commissione, di una risoluzione sul tema dei rapporti tra politica e magistratura. “Allo stato siamo tenuti ad applicare la normativa vigente”, scrivono in una nota giustificando il proprio voto: “Ci siamo assunti la responsabilità di una scelta dovuta, anche se scomoda o impopolare. Il resto ci sembra facile demagogia”.
Sulla questione è intervenuta anche la Guardasigilli Marta Cartabia, che ha preso un impegno preciso in vista dell’imminente varo della riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario: “La proposta che farò alle forze di maggioranza è come un caso come quello non possa mai più ripetersi“, ha detto mercoledì alla festa di Fratelli d’Italia. “Che un giudice possa svolgere contemporaneamente, anche e lontano dal suo distretto, funzioni giudiziarie e politiche non deve accadere. C’è una stella polare della magistratura che deve essere non solo praticata ma anche percepita. Non importa se si tratta di cariche elettive locali”, ha chiarito. Il giorno dopo a invocare una “nuova legge” su Repubblica è stato il vicepresidente dell’organo di palazzo dei Marescialli, David Ermini: “La situazione presenta evidenti anomalie e rischia di opacizzare l’immagine della magistratura, cosa di cui non c’è veramente bisogno”. A parole, su un intervento legislativo sono d’accordo tutti: dalla Lega al Pd, da Forza Italia al M5s. Si attendono solo le scelte del governo.