Papa Francesco torna a tuonare contro la corruzione. “In questo periodo di ripresa non sarà la foga di recuperare quanto perduto a garantire uno sviluppo solido e duraturo, ma l’impegno a promuovere il risanamento della società, in particolare attraverso una decisa lotta alla corruzione”. È quanto Bergoglio scrive in un tweet in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione che si celebra ogni anno il 9 dicembre in riconoscimento della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione firmata in Messico nel 2003. Francesco non è nuovo ad appelli del genere. Fin dall’inizio del suo pontificato, infatti, il Papa ha sempre condannato in maniera molto forte la corruzione, a iniziare da quella del Vaticano, ma anche di alcuni cardinali, vescovi, preti e suore. Lo disse anche ricevendo in udienza, il 15 dicembre 2016, la comunità dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di proprietà della Santa Sede: “Il cancro più forte in ospedali come questi è la corruzione”. Appelli seguiti a provvedimenti normativi abbastanza rigidi, come la legge anticorruzione per tutti i dirigenti della Santa Sede, religiosi e laici, emanata da Bergoglio nel 2021.

È rimasto celebre ciò che Francesco disse a Napoli, il 21 marzo 2015, durante la sua visita nel quartiere di Scampia: “Se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti, nessuno di noi può dire: ‘Io non sarò mai corrotto’. No! È una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Quanta corruzione c’è nel mondo! È una parola brutta, se ci pensiamo un po’. Perché una cosa corrotta è una cosa sporca! Se noi troviamo un animale morto che si sta corrompendo, che è corrotto, è brutto e puzza anche. La corruzione spuzza! La società corrotta spuzza! Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, spuzza”.

Altrettanto eloquente era stato il Papa con in parlamentari italiani nella messa che celebrò per loro, il 27 marzo 2014, nella Basilica Vaticana: “Gesù guarda il popolo e si commuove, perché lo vede come ‘pecore senza pastori’, così dice il Vangelo. E va dai poveri, va dagli ammalati, va da tutti, dalle vedove, dai lebbrosi a guarirli. E parla loro con una parola tale che provoca ammirazione nel popolo: ‘Ma questo parla come uno che ha autorità!’, parla diversamente da questa classe dirigente che si era allontanata dal popolo. Ed era soltanto con l’interesse nelle sue cose: nel suo gruppo, nel suo partito, nelle sue lotte interne. E il popolo, là. Avevano abbandonato il gregge. E questa gente era peccatrice? Sì. Sì, tutti siamo peccatori, tutti. Tutti noi che siamo qui siamo peccatori. Ma questi erano più che peccatori: il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. È tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti”.

Indicendo ufficialmente il Giubileo straordinario della misericordia, l’11 aprile 2015, Francesco rivolse un invito alla conversione “alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno, per indicare che nessuno può sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza”.

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