Nei giorni passati è successo qualcosa rimasto ignorato da tutti, in particolare dai giornali, che pure sulla manifestazione hanno scritto. “Atreju. Il Natale dei conservatori” è appunto la kermesse di Giorgia Meloni, che si concluderà domenica prossima. Bancarelle con cose da comprare e da mangiare ma soprattutto un ampio palco dove la leader di destra ha invitato politici e giornalisti, da Letta a Conte, da Giorgetti a Luigi di Maio. Nessuno però si è reso conto di un dato sconcertante, eppure bastava buttare un occhio al programma per capirlo. Alla manifestazione i relatori o moderatori erano praticamente tutti uomini. Circa 123 contro 16 donne.
La cosa ancora più sconcertante è che c’erano più della metà dei panel interamente al maschile (negli altri comunque una donna o poco più). Come quello sulla questione occupazionale in Italia, quello sulla transizione ecologica, quello sui migranti, quello sulla necessità di una riforma presidenziale, quello sulla manovra economica e anche, un paradosso, quello finale di chiusura, in cui si presenterà il Manifesto dei conservatori, con tutti i suoi contenuti.
A guardare il fitto programma di Atreju, si avverte un senso di vero disagio. E’ come se si visualizzasse la mappa del potere italiano, mappa che però non è divisa in destra e sinistra, o governo e opposizione, come dovrebbe essere. No, si tratta invece di un’elite mista, fatta di maschi, bianchi e anziani, di giornalisti e politici – sempre gli stessi – che si spalleggiano, che parlano tra di loro. Ad esempio giornalisti e studiosi ormai più conservatori che innovatori, come Ricolfi o Rampini, trasformisti come Sansonetti, ideologicamente variopinti come Giletti, i vari giornalisti dell’area della destra come Borgonovo, Melloni e Sinaldi, Crosetto e Sechi, ex giornalisti come Tommaso Cerno. Ma c’erano anche politici “di sinistra”, appunto, Letta e Conte, in mezzo ai vari Urso, Fitto, Mantovano, Salvini, Cesa, Pera. E in mezzo anche Renzi.
Personalmente trovo già inopportuno che un politico o un giornalista con una fisionomia progressista vada a parlare in un simile contesto. Ma almeno mi aspetterei che chi ci va facesse caso al tavolo in cui è invitato. E facesse caso al fatto di essere circondato da soli uomini. Invece no. Mi fa specie ad esempio che il direttore dell’Ansa Luigi Contu abbia moderato senza battere ciglio un dibattito con Cingolani, Procaccini, Rampelli, Rampini e Descalzi, tutti uomini. Come se la transizione ecologica non riguardasse anche le donne. Mi fa specie che anche Conte non si sia reso conto di essere intervistato da tre uomini. che Letta abbia accettato di essere a sua volta intervistato da Bruno Vespa, Maurizio Belpietro e introdotto da un altro giornalista di destra. Uomo. Ma anche Cassese e Violante in un panel composto da sette uomini. Ma gli esempi si sprecano.
Sono passati mesi da quando Michela Murgia sollevò la polemica contro un festival dove a parlare erano quasi tutti uomini, ottenendo la risposta balbettante di Michele Serra (che poi ha continuato a scrivere in una pagina, quella dei commenti di Repubblica, spesso e volentieri composta da soli uomini). Certo, qui si tratta di un convegno della destra, che ti aspetti, mi dicono. Eppure dentro ci sono tutti, destra e sinistra, la Lega, Fratelli d’Italia, Pd, e Cinque stelle, Italia Viva, con tutti i relativi giornalisti di potere, i soliti nomi che appaiono ovunque, ormai quasi ideologicamente indistinguibili.
D’altronde è di pochi giorni fa un rapporto che spiega come le donne abbiano spazio nell’informazione, tanto da rappresentare appena un quarto delle voci. Ad Atreju non sono neanche quel misero quarto e spesso quelle poche moderano o consegnano premi. Ma nessuno se n’è accorto e forse la cosa più grave è che non se ne siano accorti neanche quei politici che invece straparlano di parità di genere e che sono accorsi prontamente all’invito della Meloni, visto che siamo in fase di elezione del presidente della Repubblica. Ad andarci di mezzo, le donne.
La cosa che emerge comunque è anche un’altra: non basta che un leader di partito sia donna perché le donne siano rappresentate (e dunque anche rispettate). Purtroppo lo spinto leaderismo che ormai caratterizza la politica potrebbe far credere a molte elettrici conservatrici che la Meloni rappresenti un progresso, almeno per quanto riguarda la parità di genere. Non è vero. E’ un regresso. Sulle donne fa peggio di tutti. Le ignora del tutto, come se non esistessero. E questa manifestazione ne è una rappresentazione tanto lampante quanto drammatica.