L'allerta della Simeu: "Criticità si stanno registrando un po' ovunque in Italia per la crescita di pazienti, Covid e non, che stazionano in attesa di letti, a causa della difficoltà a ricoverare nei reparti di area medica e specialistiche, spesso saturi"
I Pronto soccorso di tutta Italia sono di nuovo in affanno. La quarta ondata Covid avanza e aumentano gli accessi d’emergenza, al punto che ci “sono ospedali in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore“. A lanciare l’allarme è la Società Italiana della Medicina di Emergenza Urgenza (Simeu). La situazione “non è ancora drammatica” ma rischia di diventarlo, avverte Simeu. Ciò che è “drammatico è l’impossibilità di ricoverare tanti pazienti non Covid”.
In particolare ci sono alcune zone d’Italia particolarmente sotto pressione. “I pronto soccorso in Sardegna sono vicini al collasso”, ha detto Beniamino Susi, Responsabile dei Rapporti con le Regioni della Simeu, “ma criticità si registrano in diverse Regioni, in particolare Puglia, Campania e Lazio, dove soprattutto nella stagione invernale storicamente si registra un sovraffollamento nei reparti di Emergenza e Urgenza. A queste Regioni se ne stanno aggiungendo altre, con situazioni storicamente meno critiche da questo punto di vista, come Piemonte, Lombardia e l’Emilia Romagna e Regioni che in queste settimane sotto particolare pressione per i contagi Covid, come il Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte e Veneto“. È di ieri la notizia del Pronto Soccorso andato in tilt a Pescara per un eccesso di richieste di ricoveri che ha costretto a dirottare pazienti in ospedali vicini. Ancor più critica è la situazione a Nuoro, dove presso l’ospedale San Francesco una decina di medici si sono dimessi per la grave situazione di affanno del reparto che lavora sotto organico da tempo.
Le criticità si segnalano un po’ ovunque “per la crescita di pazienti, Covid e non, che stazionano in attesa di letti, a causa della difficoltà a ricoverare nei reparti di area medica e specialistiche, spesso saturi”, ha proseguito Susi, che dirige il Reparto d’urgenza a Civitavecchia-Bracciano. Mentre nella prima ondata gli accessi i Pronto Soccorso “erano diminuiti nel 30% per paura dei contagi, ora siamo tornati a livelli pre-Covid ma con la pandemia in corso. Questo super afflusso è dovuto anche al diffondersi di sindromi influenzali e parainfluenzali, ma ci sono anche molti pazienti che arrivano da noi con sintomi Covid gravi, già in parziale carenza di ossigeno e che necessitano un ricovero urgente, a volte anche direttamente in terapia intensiva. E, oltre a questo, – conclude – siamo sommersi di pazienti che vengono anche per banalità da codice bianco”.
“Si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid a volte e per forza di cose anche per pochi pazienti, e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie”, ha proseguito Susi, direttore del Reparto d’urgenza a Civitavecchia-Bracciano. Una situazione che mette sotto pressione i medici che “sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità deprimente che giorno dopo giorno diventa sempre più insostenibile”. La realtà del Covid, denuncia Simeu “pone di fronte alle debolezze del sistema” e “si sta partendo per combattere l’ennesima battaglia senza un adeguato esercito e senza le giuste armi”.
A distanza di meno di un mese dalla manifestazione organizzata a Roma lo scorso 17 novembre organizzata da Simeu a difesa dei Pronto Soccorso, del servizio di emergenza urgenza e del 118, il sistema “sta crollando: cosa deve ancora succedere perché se ne renda conto chi potrebbe intervenire con provvedimenti urgenti e straordinari?”. Secondo il presidente Simeu Salvatore Manca, “bisogna accordarsi con il ministero dell’Università e della Ricerca affinché gli ospedali diventino luogo di formazione e gli specializzandi vengano mandati e integrati nei servizi ospedalieri da subito, se questo non accadrà i Pronto Soccorso rischiano veramente di chiudere e questo sarebbe un danno gravissimo alla comunità”. Per questo occorre una programmazione. Intanto, però, è l’appello, “bisogna fare qualcosa subito. Anche i cittadini devono aiutare medici ed infermieri a reggere l’urto, a resistere o la quarta ondata rischia di essere lo scossone definitivo”.