Non c’è ancora un punto definitivo sul complesso caso giudiziario di Julian Assange e l’estradizione perseguita da anni dagli Usa. L’Alta corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa lo scorso gennaio che negava la consegna del fondatore di Wikileaks a Washington. È stato così accolto il ricorso del team legale americano che si opponeva al verdetto sulla base di un asserito pericolo di suicidio legato – secondo una perizia – al prevedibile trattamento giudiziario e carcerario. È quindi previsto che il caso venga rinviato al tribunale di grado inferiore per essere ascoltato nuovamente e la difesa del 50enne australiano ha già annunciato ricorso.
Assange, 50 anni, è in carcere da oltre due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza della capitale inglese Belmarsh. Dal 7 dicembre 2010 non è più un uomo libero e negli Usa rischia una condanna a 175 anni da scontare in un carcere di massima sicurezza. Nel gennaio scorso, il giudice inglese Vanessa Baraitser aveva respinto l’istanza di estradizione ed esclusivamente sulla base delle condizioni di salute di Assange. Il magistrato aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito in Usa e rinchiuso in una prigione tanto estrema come l’Adx Florence, sotto il regime speciale di detenzione avrebbe potuto togliersi la vita. Washington ha presentato appello contro questo verdetto e nell’agosto scorso ha ottenuto di rimettere in discussione lo stato di salute di Assange e, in particolare, le perizie psichiatriche della difesa che, invece, il giudice Baraitser aveva ritenuto ben fondate. Nei mesi scorsi era emerso con le rivelazioni di Yahoo! News che, in un’inchiesta basata su trenta fonti interne al governo e all’intelligence degli Stati Uniti, nel 2017 la Cia – allora guidata da Mike Pompeo, nominato da Donald Trump – avesse pianificato di uccidere o anche di rapire Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks.
I giudici britannici hanno quindi accolto le rassicurazioni sul trattamento in carcere di Assange, una volta che fosse estradato negli Usa, fatte dalle autorità americane per evitare un temuto suicidio. “Questo rischio è a nostro giudizio escluso dalle rassicurazioni che vengono offerte” ha detto Lord Burnett. E ha aggiunto: “Questa conclusione è sufficiente per determinare il ricorso a favore degli Usa”. Ci si aspetta che Assange presenterà un ricorso contro la decisione. Intanto si sono levate le grida di protesta tra i tanti sostenitori di WikiLeaks che si trovano davanti alle Royal Courts of Justice a Londra. Per gli Usa Assange ha cospirato con l’analista dell’intelligence dell’esercito americano Chelsea Manning per hackerare un computer del Pentagono e rilasciare centinaia di migliaia di dispacci diplomatici segreti e file militari sulle guerre in Iraq e Afghanistan. Ed è accusato anche di avere cospirato con membri di organizzazioni di hacking, cercando di reclutare hacker per fornire a WikiLeaks informazioni riservate. Manning era stata rilasciata dopo aver scontato circa un anno in carcere per aver rifiutato di testimoniare davanti a un grand jury sul caso WikiLeaks.
Washington ha dato assicurazioni che Assange non verrebbe sottoposto a particolari restrizioni nelle carceri di massima sicurezza né prima né dopo il processo, a meno che non si rendano necessarie. Il fondatore di Wikileaks deve rispondere di 18 capi di imputazione, 17 dei quali che si rifanno all’Espionage Act. Ma anche su questo fronte gli avvocati degli Usa hanno fornito rassicurazioni affermando che la condanna per aver pubblicato le migliaia di documenti top secret sulle guerra in Afghanistan ed Iraq potrebbe essere tra i 4 ed i 6 anni. “Un grave errore giudiziario” dice Stella Moris, compagna di Assange e membro del suo team legale, ha definito, in un post pubblicato su Twitter da Wikileaks, il verdetto di oggi. Moris ha annunciato la volontà di fare ricorso “al più presto possibile” alle autorità giudiziarie del Regno Unito.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova come riporta la Tass ha definito “vergognoso” il verdetto dell’Alta Corte. Una “parodia della giustizia” è invece la definizione che Amnesty International dà della decisione. “Accogliendo questo appello, l’Alta Corte ha scelto di accettare le altamente problematiche assicurazioni date dagli Stati Uniti riguardo al fatto che Assange non sarebbe rinchiuso in isolamento in un carcere di massima sicurezza”, ha detto Nils Muinieks, direttore per l’Europa Amnesty International. “Se estradato negli Stati Uniti – ha poi aggiunto – Assange non solo rischia un processo per accuse sulla base dell’Espionage Act ma anche rischia gravi violazioni dei diritti umani a causa di condizioni di detenzione che possono corrispondere a tortura ed altri maltrattamenti”. Riguardo poi alle accuse mosse da Washington contro il fondatore di Wikleaks, Amnesty ribadisce che queste “pongono una grave minaccia alla libertà di stampa negli Stati Uniti e nel mondo”.