Sul finire degli anni Novanta Peppino Prisco diventa un personaggio televisivo molto conosciuto tra i calciofili. È ospite fisso della trasmissione Mediaset Controcampo e il suo ruolo, che di mestiere fa davvero l’avvocato, è quello di difendere l’Inter, la squadra di cui è vicepresidente e tifoso. È un battutista nato, e i suoi interventi in diretta, soprattutto contro gli arcirivali juventini e milanisti, non hanno niente da invidiare a quelli di comici pure loro presenti in una trasmissione che mescola giornalismo sportivo e un pizzico di intrattenimento. Prisco già allora andava per gli ottanta, essendo nato il 10 dicembre di cento anni fa, ma aveva ancora lo spirito di un ragazzino. La sua storia è stata raccontata da lui stesso nel 1992 a Giuseppe Baiocchi e da entrambi firmata nel libro Pazzo per l’Inter, che Baldini+Castoldi ha ristampato in questi giorni con dei nuovi scritti introduttivi.

Peppino nasce a Milano nel 1921 e scopre l’Inter che è un bambino, iniziando presto ad andare alla partita. Preferisce il calcio alla scuola, ogni tanto va a giocare a biliardo al bar Vittorio Emanuele dove può incrociare sia Angelo Moratti che Giuseppe Meazza, in assoluto il suo giocatore preferito prima dell’arrivo del Fenomeno Ronaldo. Ripercorrere la sua storia è fare un viaggio nel calcio del Novecento. Prisco racconta che Meazza chiamava la mamma per telefono prima di ogni partita. Il campione, aggiunge, aveva delle pause in campo dovute alla passione per le donne e il gioco. Il suo primo viaggio-scudetto Peppino lo fa a Bari in treno. Ha 16 anni e vede Meazza e Frossi regalare la vittoria ai nerazzurri e il quarto tricolore nella storia del club.

Nella sua memoria c’è anche Inter-Bologna del 2 giugno 1940, si gioca a San Siro per via del numero elevato di spettatori. Pochi giorni dopo Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia fa il discorso con cui l’Italia entra in guerra. Prisco fa la campagna di Russia, per un po’ dimentica l’Inter ma fino un certo punto perché si scopre un bel giorno a pensare a cosa avrà fatto la sua squadra del cuore. In guerra si era portato un pallone e una volta che ne aveva vista la possibilità per farlo, lo tira fuori e tutti vogliono giocare, creando tra le truppe un entusiasmo mai visto prima in quei giorni. Prisco riesce a sopravvivere, torna a Milano, e continua a tifare Inter. Non solo. Il 10 ottobre 1949 su richiesta del vicepresidente Aleandro Pasinetti diventa socio. Un anno dopo è segretario del consiglio. Nel 1963 è già vicepresidente.

Educato, ma abbastanza distante dal politicamente corretto ha il sogno ricorrente di arbitrare un derby meneghino. Ovviamente senza per forza essere imparziale.
Al pari di Meazza il suo calciatore preferito è stato Ronaldo. Ma il gol che ricordava con maggiore piacere è quello con cui Mario Corso regalò all’Inter la Coppa Intercontinentale 1964 contro l’Independiente. Sulla sua biografia si trova scritto: “Quel gol di Corso a Madrid lo ricorderò fino a cento anni, se dovessi arrivare a viverli. Partita difficile, si arriva ai supplementari, nel secondo tempo supplementare, al sesto minuto, da metà campo Corso dà una palla sulla destra a Milani, che ha fatto un traversone lunghissimo, Peirò è riuscito ad agganciare la palla e a passare indietro; è arrivato Corso, il lento Corso come veniva talvolta definito, e ha fatto uno splendido gol”. A cent’anni d’età Prisco non è riuscito ad arrivare. Si è spento infatti il 12 dicembre 2001 a 80 anni, compiuti due giorni prima. Non ha visto l’Inter vincere il Triplete e tanti altri trofei, si è risparmiato il 5 maggio e parecchie altre disavventure. Ma ha vissuto, sempre con un sorriso beffardo, tutto il Novecento nerazzurro che va da Meazza a Ronaldo, passando per Mario Corso.

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