Il ricercatore italiano che ha lavorato con l'Istituto cubano Finlay: "Senza l'inasprimento del blocco economico da parte di Trump e Biden avremmo salvato più vite. Ma oggi il 95% della popolazione ha già fatto tre dosi grazie a vaccini pensati per la pediatria, con bassi costi e brevetto pubblico"
I dati sui contagi che arrivano da Cuba sembrano un piccolo miracolo, soprattutto se si considera che appena due mesi fa si registravano migliaia di nuovi casi al giorno e centinaia erano i morti. Oggi i decessi sono stati azzerati e i nuovi contagi superano di poco il centinaio. E questo grazie a una campagna vaccinale in tempi record e all’efficacia di vaccini sviluppati nonostante l’embargo imposto dagli Stati Uniti, che ostacola l’approvvigionamento di materie prime, tecnologie e strumenti. Ma c’è un altro primato, ed è di stretta attualità anche dalle nostre parti: a Cuba sono già stati vaccinati i bambini dai due anni in su. “Ci si è concentrati sui vaccini proteici che, a differenza dei vaccini a materiale genetico come Pfizer e Moderna, si basano su una tecnologia già nota e largamente utilizzata anche in campo pediatrico”, spiega Fabrizio Chiodo, ricercatore del CNR in Italia e collaboratore del cubano Istituto vaccinale Finlay, dove ha lavorato al disegno e allo sviluppo dei vaccini Soberana. Un’alternativa anche per l’Italia che si interroga sull’ormai prossima vaccinazione dei più piccoli? Difficile immaginarlo. Perché se il virus non conosce confini, gli standard europei o statunitensi per la produzione farmaceutica rappresentano un ostacolo all’ingresso di medicinali come quelli cubani. Tuttavia alcuni volontari italiani sono volati a Cuba per farsi somministrare il vaccino come richiamo (“booster”) e mettersi a disposizione della scienza italiana. “È in corso uno studio osservazionale all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino”, spiega Michele Curto, uno dei 29 arruolati e presidente dell’Agenzia per l’Interscambio culturale ed economico con Cuba (AICEC), che ha promosso l’iniziativa.
A fine agosto Cuba era ancora nel pieno dell’emergenza sanitaria, con oltre 8mila nuovi casi al giorno. Solo alcuni mesi più tardi la situazione è totalmente cambiata: il 3 dicembre i dati del governo riportavano appena 150 nuovi contagi in tutto il paese e decessi azzerati. “Cuba durante il primo anno della pandemia ha gestito molto bene le diverse varianti del virus, con un eccellente sistema di salute pubblica, l’uso di monoclonali e di diverse formulazioni di interferone”, racconta il ricercatore Fabrizio Chiodo. L’isola ha infatti un alto numero di medici e sanitari per abitante, che garantisce una presenza capillare e un ottimo apparato di prevenzione. “Ma la variante Delta, soprattutto in alcune province, ha colpito duramente a luglio e agosto di quest’anno. Una situazione aggravata dall’inasprimento del blocco economico da parte dei presidenti statunitensi Donald Trump e Joe Biden”, spiega. In pratica, “basta che un qualsiasi reagente o uno strumento abbiano una qualche componente o una parte prodotta in USA per impedirgli di “entrare” a Cuba. Senza il “bloqueo” si sarebbe potuto salvare molte vite”.
“Grazie a una delibera del Consiglio regionale del Piemonte, a fine luglio siamo riusciti a inviare ottomila dosi di Atracurio, farmaco per il rilassamento della muscolatura scheletrica assolutamente essenziale per intubare una persona”, racconta il presidente dell’AICEC, Michele Curto, che ricorda come a Cuba avessero bisogno di tutto, dall’ossigeno ai ventilatori polmonari, e si domanda se sia umano inasprire un embargo mentre nel mondo è in corso una pandemia.
Ma con l’estate arrivano anche i vaccini. Tra luglio e agosto l’autorità cubana dei farmaci (CECMED), ente riconosciuto e monitorato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, approva i primi due vaccini dei cinque sviluppati a Cuba. Si tratta dell’Abdala del Centro di Ingegneria genetica e biotecnologia (Cigb) e del Soberana02 dell’Istituto Finlay. “L’impatto della vaccinazione di massa, la più rapida al mondo, ha avuto effetti straordinari”, commenta Chiodo. “Oggi, con il 97% dei bambini vaccinati, con il 95% della popolazione immunizzata secondo lo schema previsto fin dall’inizio di due dosi più una, e con un’ulteriore dose “booster” già avviata per i primi vaccinati, penso che Cuba possa continuare a contenere la pandemia”. Dal 15 novembre il paese ha riaperto al turismo internazionale ed è finalmente partito l’anno scolastico. Raggiunto telefonicamente mentre è ancora a Cuba, Michele Curto racconta un paese dove “i no vax non esistono”. “C’è una popolazione molto disciplinata sul fronte della prevenzione, con un’ottima educazione sanitaria e una grande fiducia nel servizio pubblico”. Nei giorni scorsi ha visitato un centro vaccinale pediatrico: “Da padre mi sono emozionato per la decisione con la quale i bambini andavano a vaccinarsi, la stessa dei genitori che li accompagnavano”. “Un grande sistema di educazione pubblica, una biotecnologia pubblica, una eccellente divulgazione scientifica, fanno sì che la popolazione si fidi e sia orgogliosa della sua scienza”, aggiunge Chiodo.
Ma i vaccini cubani non sono semplicemente l’orgoglio di un paese povero. Vaccini proteici sono in via di sviluppo anche altrove e l’americana Novavax, ad esempio, ha recentemente chiesto l’approvazione alla FDA, l’agenzia statunitense per i medicinali, ed è al vaglio dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. Di che si tratta? “I vaccini a materiale genetico come Pfizer, Moderna (mRNA), AstraZeneca, J&J e Sputnik (adenovirali) trasportano le informazioni necessarie alle nostre cellule per produrre frammenti di virus (la famosa spike) contro cui poi il nostro corpo scatena diverse risposte immunitarie, tra cui la produzione di anticorpi in grado di proteggerci. I vaccini cubani, invece, mostrano al nostro sistema immunitario direttamente un frammento della proteina spike del virus, e per questo vengono classificati come vaccini a subunità proteica”. Ma a differenza degli altri, i vaccini cubani sembrano essere in vantaggio sul fronte dei dati, essendo prodotti dal primo paese al mondo per numero di dosi ogni 100 abitanti: ben 253 al 2 di dicembre. “Sono vaccini che mostrano pochissimi eventi avversi, sicuri come dosi multiple e interessanti da associare come boost ad altri tipi di vaccini”, spiega ancora Chiodo, immunizzato lui stesso con il Soberana. Ma il vantaggio più evidente lo rivendica proprio sul fronte pediatrico: “Intendiamoci, i dati in pediatria con Pfizer sono interessanti e rassicuranti. Aggiungo però che il vaccino cubano Soberana02, per esempio, utilizza una tecnologia disegnata e sviluppata proprio per la popolazione pediatrica”.
I dati sono stati messi a disposizione della comunità scientifica e da oltre un mese è in corso la procedura di pre-qualifica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un ok che basta ad agevolare l’export del vaccino cubano in molti paesi del mondo. In questa prospettiva non è un dettaglio che a differenza dei più innovativi vaccini a Rna messaggero, i vaccini proteici come quelli cubani si conservino in un qualunque frigorifero e si siano dimostrati stabili anche a temperatura ambiente. “Inoltre sono a basso costo, con un brevetto pubblico ed un trasferimento di tecnologia piuttosto semplice. Per questo penso che possano essere importanti nel supporto ai tanti Paesi che non vedranno la loro popolazione vaccinata prima del 2023”, aggiunge Chiodo, ricordando che i vaccini cubani sono attualmente autorizzati in Iran, Venezuela, Nicaragua e Vietnam, mentre sono in corso trattative con paesi come Messico, Argentina e alcuni stati africani. E la parte ricca del mondo? Negli Stati Uniti e in Europa in particolare, gli standard produttivi imposti dalle rispettive agenzie del farmaco sono più stringenti. Tanto che ad oggi, in Italia e non solo, non esiste ancora un’alternativa proteica alla vaccinazione con vaccini a Rna messaggero.
Sul sito dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dei vaccini proteici si è recentemente scritto: “Molte delle reazioni tipicamente causate dai vaccini a mRNA o a vettore virale – mal di testa, febbre, nausea e brividi – si sono dimostrate molto meno frequenti con i vaccini a base di proteine. Il profilo di sicurezza sembra essere molto simile a quello dei vaccini antinfluenzali, che da anni vengono utilizzati in tutto il mondo, e questo potrà permettere a molte persone di non preoccuparsi più di tanto e di accettare la vaccinazione”. Ma questo non deve mettere in allarme le famiglie italiane in attesa di vaccinare i bambini. “I dati forniti da vaccini come Pfizer ci permettono di essere sereni sull’ormai prossima vaccinazione pediatrica che interesserà i minori dai 5 anni in su”, commenta Rocco Russo, coordinatore del Tavolo tecnico per le Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria (SIP). “Fossi a Cuba sarei assolutamente tranquillo ad assumere i loro vaccini proteici, come oggi in Italia sono sereno nell’assunzione e nella somministrazione dei vaccini a piattaforma genetica a nostra disposizione”. Ma aggiunge: “Quello che davvero mi preoccupa di questa pandemia è la vaccinazione nei paesi poveri, che lasciati indietro diventano terreno fertile per nuove varianti: la strategia non può che essere globale e ogni arma a disposizione è benvenuta, compresi i vaccini di Cuba, paese con una importante tradizione in ambito sanitario”.
Con questo spirito si è mossa l’associazione italiana AICEC, che ha agito da ponte tra l’Istituto cubano Finlay e l’Amedeo di Savoia di Torino. L’estate scorsa l’ospedale piemontese ha analizzato alcuni campioni di siero di cittadini cubani verificando la capacità del vaccino Soberana02 di neutralizzare le varianti note. Risultati che hanno incoraggiato un ulteriore studio osservazionale che riguarderà 29 volontari italiani, selezionati su ben 240 candidature, che lo scorso 15 novembre sono atterrati a L’Avana per assumere come terza dose il Soberana Plus, versione specificamente studiata come singola dose per i convalescenti e successivamente somministrata “come boost” sia agli adulti che ai bambini. Il prossimo 15 dicembre si provvederà ai prelievi di sangue da mandare in laboratorio. Il presidente di AICEC, Curto, spiega che “abbiamo tentato di realizzare un ponte, una strategia che stimolasse un interesse su questi vaccini nonostante gli standard previsti in Europa, nella speranza che le evidenze scientifiche prevalgano sulla geopolitica e che nessuna opportunità sia preclusa alla lotta contro il Covid”.