Fa discutere la direttiva sull’efficienza energetica degli edifici, alla quale la Commissione europea starebbe lavorando, nell’ambito del programma Fit for 55, che sarebbe varata nei prossimi giorni. Questa a detta di alcune anticipazioni pubblicate dalla stampa dovrebbe prevedere l’obbligo di rinnovo energetico prima della vendita di edifici e abitazioni.
La direttiva, tra le altre cose, dovrebbe prevedere: che la portata del rinnovo della classe energetica sia proporzionata allo stato di partenza dell’immobile, esclusi gli edifici storici; standard minimi di prestazione energetica; indicazioni dettagliate per i piani nazionali di riqualificazione energetica dell’edilizia.
Si tratta di un tema delicato e strutturale sul quale l’approccio, in Italia, si è limitato alla alzata di scudi sulla parte di direttiva che sembra preveda l’obbligo di rinnovo energetico prima della vendita di edifici e abitazioni. Approccio sbagliato e fuorviante, anche un po’ provinciale, se non partiamo dalla questione della inefficienza energetica e di quanto ci costa.
Secondo dati di istituti europei l’impatto ambientale della progettazione, costruzione ed esercizio degli edifici vede gli edifici responsabili dell’emissione di circa il 39% delle emissioni globali di CO2, di cui il 10% è rappresentato dalle emissioni di CO2 “incorporate” derivanti dai materiali e nei processi di costruzione, durante l’intero ciclo. Migliorare l’efficienza energetica dell’edilizia è quindi fondamentale per conseguire l’ambizioso obiettivo di neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050, così come definito nel Green Deal europeo.
Oggi il 75% del parco immobiliare dell’Unione europea è energeticamente inefficiente, questo comporta uno spreco enorme di energia. Avviare un deciso programma di ristrutturazione degli edifici esistenti comporterebbe, secondo l’Unione europea, una riduzione del 5-6% circa il consumo totale di energia dell’Ue e del 5% circa le emissioni di biossido di carbonio.
Oggi meno dell’1% del parco immobiliare nazionale è ristrutturato ogni anno, mentre le percentuali degli Stati membri oscillano fra lo 0,4% e l’1,2%. Altro dato quello relativi ai 34 milioni di europei che non posso riscaldare in maniera adeguata le loro abitazioni.
Secondo i dati presentati dall’Enea nel suo Rapporto dati Superbonus 110%, al 30 novembre 2021, erano in corso 69.390 interventi edilizi incentivati, per circa 11,9 miliardi di investimenti che porteranno a detrazioni per oltre 13,1 miliardi. Sono 10.339 i lavori condominiali avviati (62,9% già ultimati), che rappresentano il 49,7% del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari indipendenti sono rispettivamente 35.542 (75,9 % già realizzati; il 31,5% del totale investimenti) e 23.508 (75,5% realizzati; il 18,8% degli investimenti). Il Pnrr destina complessivamente 13,95 miliardi di euro alla misura del Superbonus.
In materia efficienza energetica e riqualificazione degli edifici sono previste ulteriori risorse nazionali a carico del Fondo complementare per 6,56 miliardi di euro (di cui 4,56 destinati al Superbonus), nonché ulteriori 0,32 miliardi dal programma React dell’Ue. Interventi fondamentali per la riduzione delle emissioni in un Paese come l’Italia dove il parco edifici con oltre il 60 per cento dello stock immobiliare con oltre 45 anni.
Ora, su un tema così rilevante, possiamo in Italia fermarci ad anticipazioni che parlano e fanno discutere solo sul presunto divieto di vendita di immobili non qualificati energeticamente? Sinceramente non credo che la Commissione europea possa prevedere in una direttiva il divieto di vendita di immobili non efficienti energeticamente, che in Italia rappresenterebbe una misura incostituzionale.
A mio parere si potrebbero attuare altre forme di pressione affinché si prosegua sulla strada dell’efficienza energetica degli edifici, ne indico tre:
a) Gli edifici non efficienti energeticamente dovrebbero poter essere venduti solo a prezzi di valore catastale (se vale per le tasse, può valere anche sulla vendita) tenuto conto di quanto costano alla collettività in termini, ambientali, di salute e di costi;
b) Tenuto conto delle enormi risorse destinate all’efficientamento energetico degli edifici dal Pnrr, dall’ecobonus 110% o da sconti in fattura, vietare gli aumenti degli affitti per ristrutturazioni o efficientamento energetico realizzati totalmente o con importanti risorse pubbliche. Non può certo pretendere la proprietà interventi a costo zero per poi procedere ad aumenti degli affitti;
c) Sostenere o continuare a sostenere con risorse pubbliche iniziative come ecobonus 110% o sconti in fatture o altri sostegni perché non si tratta di spese ma di investimenti strutturali, per il futuro di tutti.