Nell’immaginario degli italiani è rimasta sempre “il casco d’oro” della musica italiana. Caterina Caselli poi accantonò la musica per dedicarsi alla sua carriera di imprenditrice nel settore. “Caterina Caselli – Una Vita, Cento Vite” di Renato De Maria – distribuito nelle sale cinematografiche da Nexo Digital da oggi fino al 15 dicembre – è la celebrazione di una donna che ha attraversato il tempo e spesso lo ha anticipato, attraverso un percorso controcorrente, e una vita che non sempre è stata facile: da artista rivoluzionaria negli Anni 60 a donna di successo che ha saputo portare la musica italiana nel mondo. Nella pellicola partecipano tantissimi amici e artisti tra i quali Paolo Conte e Francesco Guccini. Modenese come Pavarotti, si racconta oggi davanti alla telecamera di Renato De Maria, un flusso ininterrotto di ricordi, gioie (i grandi successi discografici) e dolori: dal suicidio del padre quando aveva 14 anni al tentativo di sequestro del marito Piero Sugar nella stagione dei rapimenti. “Ho raccontato senza filtri, come se fossi davanti a uno psicoanalista, cose che non avevo mai raccontato prima”, ha spiegato la Caselli. Nel frattempo è uscito “100 minuti per te”, il progetto che racchiude i più grandi successi di Caterina Caselli che contiene i brani più noti dell’artista, tra cui “Nessuno mi può giudicare”, “Perdono”, “Insieme a te non ci sto più”.
“NESSUNO MI PUÒ GIUDICARE DA TANGO A SUCCESSO” – Quando mi hanno proposto Nessuno mi può giudicare – racconta la Caselli nel film – era un tango, ‘musica per adulti’. Così sono andata a Bologna a cantare allo Junior Club a porte chiuse per provare una nuova versione con la band. Poi abbiamo convocato gli studenti per farla ascoltare in anteprima e nasce così la canzone che tutti conoscete. Questi ragazzi sono entrati e sono impazziti: “Caterina, vai! Uccidili”. La canzone fu scritta per Adriano Celentano che, per fortuna, rifiutò. Al Festival di Sanremo 1966 dissi che non avevo nulla da perdere perciò mi sento forte canto la prima sera ad un certo punto mi viene in mente per incanto il movimento con le mani che poi è diventato il momento distintivo della mia performance. Vinse ‘Dio come ti amo‘ di Modugno e Cinquetti, io però fui la vincitrice morale. Ero molto felice dopo perché i dischi non si trovavano andava a ruba!”.
“LE DONNE E LA SOCIETÀ HANNO DIRITTO ALLA LIBERTÀ”
“Dovevamo già pensare alla canzone dell’estate. C’era una canzone che mi piaceva molto ed era “Perdono” ed era curioso che arrivasse dopo “Nessuno mi può giudicare”. Fu un successo travolgente e vinse il Festivalbar. In quell’anno, il 1966, non potevo aspettarmi un successo del genere. In quel periodo tantissime ragazze si tagliavano i capelli come me. Un parrucchiere fece proprio la parrucca casco d’oro e ne vendette tantissime. Ebbi la possibilità di sperimentare il casco d’oro sul set del film musicarello ‘Nessuno mi può giudicare’. Avevo i capelli ricci perciò appena sudavo la frangia diventata riccia e così usammo la parrucca. Era un ulteriore avvicinamento al pubblico popolare che toccava tutta l’Italia, un segnale di libertà in una società ancora spietata. Ho iniziato nelle balere dove c’era il pubblico genuino e le persone semplici che si vogliono divertire. La mia semplicità penso abbia contribuito al mio successo. A settembre esce “Cento Giorni”, una canzone bellissima che ancora oggi io prediligo e che piaceva molto a Paolo Conte. Una canzone molto bella che fu presa per un film francese molto importante: “Il cervello” di Gérard Oury. Mi sono preparata per Sanremo 1967, non era una canzone facile. “Il cammino di ogni speranza”. Ho bevuto il cognac prima di andare in scena, ero molto agitata e ammiravo Orietta Berti (in gara con “Io, tu e le rose”) che era impassibile. Allora il suo mondo non si rispecchiava nel mio. In ogni caso di notte sentiamo che era successo qualcosa di anomalo. Lucio Dalla e tutti che piangevano, purtroppo fu il suicidio di Tenco. Ero alla fine felice di non essere arrivata in finale perché non avrei potuto resistere un minuto di più. Lo show è andato avanti lo stesso”.
“IL SUICIDIO DI MIO PADRE, NON ANDAI PER ANNI AI FUNERALI”
Papà Francesco era bravo a fare salami e prosciutti, mamma Giuseppina era una magliaia. Io detestavo l’uccisione dei maiali e lui diceva “ma no, non voglio farlo soffrire”. Papà era socialista e si confidava con Don Giuseppe, stava molto male. Mia mamma non lo aveva capito bene. Lui aveva una depressione molto forte e un giorno mi disse “ti accompagno a scuola oggi” e mi disse “studia”. Mi chiamava “Ciccio” perché ero un po’ più robusta rispetto a mia sorella che era esile. Andò a lavorare e tornai a casa alle 12, c’erano tutti i parenti e mia mamma era seduta per terra. Mia zia mi dice che papà era in ospedale e non stava bene. Andai in camera mia, avevo 14 anni mia sorella 11, e a nonna chiesi “papà e morto vero?’ Lei mi disse di sì. Per molto tempo non riuscii ad andare a nessun funerale.
“L’INCIDENTE IN AUTOSTRADA E IL MIRACOLO”
Mi chiesero di fare uno spettacolo con Boncompagni e Morandi “E sottolineo Ye” (1967) con tanti ospiti e musica da Patty Pravo a Lucio Dalla. Mi piaceva l’idea stare assieme con le stesse persone. Partiamo da Frosinone a Vibo Valentia. In superstrada e si va a velocità, poi all’improvviso finisce l’autostrada senza segnaletica e diventa tutto doppie curve la macchina che sbanda a destra e sinistra ed è volata da un ponte. Vedo una persona che viene da me e dice “ho visto la macchina volare”. Due ragazzi volontari mi hanno tenuto la mano tutta la notte in ospedale. La macchina era un cartoccio. Io me la sono cavata malleolo rotto e un gran dolore spalla. Insomma un vero e proprio miracolo.
GLI INCONTRI CON BATTIATO, GUCCINI E CONTE
“Nel 1967 esce “Sono Bugiarda”. Arrivano otto puntate “Diamoci del tu” (1967) con Giorgio Gaber dal quale ho imparato molto. C’era Celentano che allora non andava in televisione perché in piena crisi mistica. C’era anche l’attore e regista Gian Maria Volonté. Era un momento di scontro tra i ragazzi e la vecchia generazione. Un periodo di grandi cambiamenti. Io e Giorgio abbiamo scoperto che avevamo in comune una conoscenza, un ragazzo molto bravo e non era popolare: Franco Battiato. Poi è arriva anche Francesco Guccini. In Ricordi mi propongono un pezzo di Conte “Insieme a te non ci sto più”. Un pezzo scartato dalla Equipe84. È stata la mia fortuna cantare brani scartati dagli altri. Alla casa discografica dicevano che era un pezzo troppo sofisticato ma io la volevo a tutti i costi. Paolo Conte che le disse: “Canti come la lavandaia sulla riva di un ruscello, in libertà, con naturalezza. Poi il Cantagiro e “Il Volto della vita” (1970). A bordo strada le persone che aspettavano come i ciclisti e il passaggio del corteo dei cantanti. Nelle tappe una volta vincevo io e una volta Gianni Morandi. Difficilmente vincevano le donne e i giovani. Trionfavano sempre gli Ove Anta”.
“MI INNAMORAI DI MIO MARITO PERCHÉ PARLAVA POCO”
“A Milano ho conosciuto Piero Sugar, figlio di Ladislao, il fondatore della famosa casa discografica Sugar. Mi colpì molto perché parlava pochissimo, ma quando parlava diceva cose importanti. Mi sono innamorata di una persona diversa da me. Grande testimonianza del suo grande amore è stato che mi veniva a trovare di nascosto, senza farsi vedere per proteggere il nostro rapporto. Ricordo la fuga a Creta, stavamo al lido tutto i giorni, mangiavamo da un vecchietto che faceva gli scherzi a Piero. Lì pensavamo a costruire qualcosa di più serio e ne sono venuti 50 anni di matrimonio. A novembre è nato Filippo. Mi ritrovai in una famiglia che mi voleva molto bene”.
“NON VOLEVO PASSARE PER PRIVILEGIATA”
“Mi rendevo conto che non potevo più cantare e fare ciò che un cantante fa. Non potevo più esibirmi con quella facilità di prima perché comunque ero anche la moglie del proprietario di questa azienda che aveva tanti artisti importanti. Non volevo pensassero che fossi una privilegiata. Ho trovato una soluzione che appagasse me e non creasse turbe nella famiglia. La musica mi ha dato tanto in quei quattro anni, ma il mio essere non più locomotiva ma vagone mi mi dava una certa calma e tranquillità. Dovevo trovare la mia strada. Così passo alla discografia per lavorare sulle tendenze musicali trascurate dalle grandi ditte perché musica troppo sperimentale. Ma erano progetti che non andavano forte dal punto di vista del fatturato e invece con Pierangelo Bertoli tiro su tutto. Nessuno lo voleva in tv perché non si poteva far vedere carrozzina. Fu un grande successo. Celentano stava per firmare con RCA ed era il numero 1 delle trattative. Voleva sempre molto. Così lui chiamò mio suocero: “La RCA non mi dà quello che voglio lei mi può dare quello che voglio?”. Firmammo Adriano. Fu il boom di ‘Prisencolinensinainciusol’, pezzo pubblicato su 45 giri nel 1972”. Era il periodo dei rapimenti e ci fu il tentativo di sequestro di mio marito Piero e suo padre. Tutto si risolse nel migliore dei modi ma ricordo ancora la battuta e il sollievo di mio suocero: ‘Ma erano degli incompetenti!’”.
“LE SFIDE MUSICALI DA GIUNI RUSSO A SI PUÒ DARE DI PIÙ”
“Entro in CGD perché stimolata dalle sfide che, da sempre nella mia vita, più sono difficili più ci metto tutta me stessa. Lavoro con Giuni Russo, Bigazzi scrive “Si può dare di più” e penso a Morandi -che in quell’epoca era in difficoltà dal punto di vista musicale – e abbiamo pensato a Tozzi e Ruggeri. A Sanremo vincemmo nel 1987. Ho voluto fortemente Paolo Conte perché per me è sempre dato un poeta. Fu un corteggiamento durato due anni. Arriva la grandi crisi di fine Anni 80 nella musica italiana. Si parla di vendere l’azienda ma ecco che arriva “Un’Estate Italiana” di Gianna Nannini e Edoardo Bennato, un successo di Giorgio Moroder del 1990 frutto di un grande lavoro e molta pazienza. Cantavano separatamente. La canzone fu il successo di quei Mondiali. Ricordo anche l’exploit di Andrea Bocelli con “Il mare calmo della sera” a Sanremo e la standing ovation. Poi arriva una cassetta di due autori produttori di Mestre, un bolero accennato, una canzone stupenda. Andrea non era convinto perché non esplodeva: era “Con te partirò” che poi scoppia in tutta Europa dalla Germania alla Francia, arrivando anche in America. Poi arrivano Elisa e i Negramaro. I ragazzi hanno vite più complicate di quelle della mia generazione: escono 60mila proposte al giorno nel mondo, 6mila solo in Italia, affermarsi è davvero complicato. Le difficoltà che hanno oggi i ragazzi è che vivono sempre connessi in mezzo a grandi solitudini. La musica pop è bella perché racconta la vita che vivi e la musica ha quel linguaggio: la verità. Secondo me non serve avere una grande voce, ma serve unicità.”.