Dura la replica di ReCommon dopo la missiva legata alla puntata che andrà in onda stasera. In un comunicato l'organizzazione afferma che "l’avvocato Stefano Speroni non comprende perché Report ed il servizio pubblico si permettano di intervistare Antonio Tricarico, mettendo così in discussione la sua legittimazione, competenza e autorevolezza". E minaccia querela
“Non si comprende la rilevanza (al di là della legittimazione, competenza o autorevolezza dell’interlocutore che Report intende assegnare ad Antonio Tricarico al punto da eleggerlo quale interlocutore di un servizio pubblico) dei commenti rispetto alla reputazione di Eni, se non per danneggiarla senza legittimo motivo“. È questo uno dei passaggi della missiva inviata dal direttore dell’ufficio legale dell’azienda, Stefano Speroni, alla redazione guidata da Sigfrido Ranucci e a ReCommon sull’intervento nella puntata di stasera sul processo Eni-Nigeria del co-fondatore dell’organizzazione ambientalista. Scatenando di conseguenza le proteste di quest’ultima che parla di “grave attacco alla libertà di stampa” e minaccia querele.
Nel testo della mail partita dalla casella di posta di Speroni e inviata sia al programma di Rai3 che ai responsabili dell’organizzazione, oltre a richiedere di citare alcuni documenti e chiarimenti forniti da Eni sulla vicenda, si ricorda che “ReCommon ed il Dott. Tricarico personalmente sono i soggetti che presentarono gli esposti in Procura a Milano e che diedero avvio alle indagini sulla vicenda Opl 245 conclusasi con l’assoluzione di Eni ed i suoi manager perché il fatto non sussiste, accertamento dell’insussistenza del quale per di più verificato in via definitiva; il Tribunale di Milano respinse la richiesta di costituzione di parte civile di ReCommon nel processo Opl 245 non rilevando legittimazione alcuna; i commenti scambiati da Piero Amara e Andrea Peruzy intervengono tra soggetti totalmente ed assolutamente terzi rispetto ad Eni, privi di alcun titolo formale e sostanziale per spendere il nome della società. Detti commenti sono riportati nel contesto di un tentativo affaristico di danneggiare Eni unitamente a Vincenzo Armanna per il perseguimento di interessi economici personali di Amara, Armanna, Peruzy (ed altro soggetto) intervenuti a tale riunione; lo scopo di lucro personale di tutti gli intervenuti è altresì direttamente confermato nell’interrogatorio reso dal dott. Andrea Peruzy alle autorità inquirente in data 8 novembre 2019 in merito alla partecipazione a tale riunione (tale interrogatorio essendo pubblico)”. E non escludendo azioni legali dopo la visione del video, critica la presenza di Tricarico tra gli intervistati.
Dura la replica di ReCommon che in un comunicato afferma che “l’avvocato Speroni non comprende perché Report ed il servizio pubblico si permettano di intervistare Antonio Tricarico, mettendo così in discussione la sua legittimazione, competenza e autorevolezza. ReCommon ritiene inqualificabili i toni ed il merito della comunicazione inviata dal direttore dell’ufficio legale dell’Eni e denuncia l’intimidazione con intento diffamatorio rivolta nei confronti di ReCommon e del suo rappresentante”. L’organizzazione ha anche specificato che, essendo la mail inviata anche a soggetti terzi come la redazione di Report e il suo conduttore Sigfrido Ranucci, si riservano la possibilità di “agire nelle sedi competenti contro una siffatta condotta diffamatoria”.
Da ReCommon, poi, entrano nel merito dei punti elencati dall’avvocato Speroni andando a contestarli nel merito. Prima di tutto, sostengono, “l’Eni ed i suoi manager sono stati assolti con formula piena lo scorso marzo dal tribunale di Milano solamente in primo grado. È quindi errato affermare che l’insussistenza del fatto è stata ‘verificata in via definitiva’, poiché la pubblica accusa e la Nigeria, in qualità di parte civile hanno presentato un atto di appello, che si svolgerà nel corso del 2022. Inoltre non è escluso che la sentenza di appello possa essere a sua volta impugnata, per motivi di legittimità, avanti alla Suprema Corte di Cassazione”. Per quanto riguarda la richiesta di ReCommon di essere riconosciuta come parte civile, aggiungono, il tribunale ha deciso di rigettarla “non per una generica mancanza di legittimazione dell’associazione. Il tribunale ha ritenuto che ReCommon non avesse un fine statutario esclusivamente centrato sulla lotta alla corruzione”.