Nel terzo trimestre 2021 si registra un aumento di 121 mila occupati (+0,5%) rispetto al trimestre precedente, e un aumento di 505 mila unità (+2,2%) rispetto al terzo trimestre del 2020. Il tasso di occupazione sale al 58,4% mentre il tasso di disoccupazione scende al 9,2%. Lo comunica l’Istat nelle sue rilevazioni sul periodo giugno-settembre. Gli incrementi maggiori su base annua riguardano il settore delle costruzioni (+ 7,8%) seguito dai servizi (+ 4,3%) e dall’industria (+ 3,6%). IN calo viceversa l’agricoltura (- 0.5%)
Si conferma il progressivo scivolamento del mercato del lavoro verso la precarizzazione dei rapporti. Gli occupati a termine crescono e superano quota tre milioni. Nei tre mesi considerati erano 3.003.000 con un aumento del 2,3% sul trimestre precedente e del 13,1% sullo stesso trimestre del 2020. I lavoratori dipendenti sono 17.978.000 in aumento dello 0,9% su base congiunturale e del 3,3% su base tendenziale. Gli indipendenti sono ancora in calo a 4.942.000. Nel terzo trimestre 2021, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dell’1,4% rispetto al trimestre precedente e del 4,1% rispetto al terzo trimestre 2020.
Sono aumentati i posti vacanti e il tasso nel terzo trimestre 2021 pari al 2%, pur mostrando un rallentamento della crescita (+0,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre 2021), si mantiene su livelli mai registrati dal 2016 (anno di inizio della serie).
Gli occupati totali sono 22.919.000 (+0,5% sul trimestre precedente, +2,2% sullo stesso periodo del 2020). Il tasso di occupazione sale soprattutto tra gli stranieri dove raggiunge il 60%. La fascia di età 25-34 anni è quella che segna il progresso più consistete (+ 4.4%). Diminuiscono gli inattivi (persone in età lavorativa che non hanno e non cercano un’occupazione) che scendono del 3,3% rispetto al giugno-settembre 2020. “Siamo molto felici di questi dati, che confermano quello che avevamo sempre detto fin dalla discussione sullo sblocco dei licenziamenti: il problema delle imprese italiane oggi è trovare i profili professionali e assumere, non è licenziare”, commenta il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.