La Nuova Caledonia rimane francese. Nel referendum sull’indipendenza da Parigi, il terzo in quattro anni, il 96,5% dei votanti ha espresso la volontà di rimanere legati alla République. Un numero che però deve tenere conto del forte astensionismo dovuto al boicottaggio lanciato nei giorni precedenti dai gruppi separatisti: solo il 43,9% degli aventi diritto si è recato alle urne. La protesta di chi puntava al distacco dalla Francia, dopo i voti del 2018 e del 2020 che avevano visto vincere gli unionisti rispettivamente con il 56,7% e il 53,3% dei voti, è nata dopo il ‘no’ del governo di Parigi al rinvio del voto a settembre 2022 per permettere ai separatisti di organizzare un’adeguata campagna elettorale impossibile, a loro dire, in piena pandemia.
“La Francia è più bella perché la Nuova Caledonia ha deciso di rimanere”, ha commentato il presidente Emmanuel Macron in vista di un periodo di 18 mesi in cui dovrà essere definito il nuovo Statuto del possedimento francese. Il Capo dello Stato, proprio tenendo in considerazione la bassa affluenza, ha invitato ad accogliere con “rispetto e umiltà” il risultato, sottolineando che “il corpo elettorale è rimasto profondamente diviso” nell’arcipelago che appartiene alla Francia dal 1853.
I separatisti, però, non demordono e fanno sapere di non riconoscere il risultato del referendum. Secondo Roch Wamytan, presidente del Congresso della Nuova Caledonia, il Parlamento locale, il risultato non può considerarsi valido data la scarsa affluenza alle urne. “Per noi questo non è il terzo referendum. Riteniamo che in termini di legittimità legale e politica ve ne siano stati solo due, nel 2018 e nel 2020. Questo è il referendum dello Stato francese e dei suoi sostenitori in Nuova Caledonia”, ha detto. Il politico indipendentista ha aggiunto di voler riaprire il discorso referendum con Parigi dopo le presidenziali francesi di aprile. “Non capiamo perché il presidente francese non ce l’abbia concesso”, ha concluso Wamytan parlando del rinvio del voto causa Covid. Diversa la posizione del presidente della commissione elettorale, Francis Lamy, che ribadisce intanto che il voto è da considerarsi valido: non solo non vi sono state irregolarità, ma non era previsto un quorum minimo di partecipanti, né vi era obbligo di votare, ha precisato in un comunicato.