Le tanto attese elezioni in Libia che avrebbero dovuto sancire il nuovo corso del Paese, dopo 10 anni di guerra civile ininterrotta dalla caduta del Raìs Muammar Gheddafi, rischiano di essere rinviate. L’ipotesi è sempre più concreta dopo che in mattinata l’Alta commissione elettorale ha posticipato la pubblicazione delle liste preliminari dei candidati alle elezioni parlamentari previste a febbraio a causa dell’altissimo numero di candidati che si sono presentati per uno scranno in Assemblea: secondo Libya Observer, la commissione non ha fatto in tempo ad esaminare le 5.385 candidature, un numero “inaspettatamente alto”. Una decisione che segue l’analogo rinvio annunciato l’11 dicembre per quanto riguarda l’elenco definitivo dei candidati alle presidenziali con la motivazione di “problemi tecnici”.
In questa situazione, sembra altamente improbabile, quindi, che il primo voto in programma, quello per la carica di nuovo presidente della Libia, possa tenersi il 24 dicembre, come da programma. Una decisione che, se confermata, rischia di far salire ancora di più la tensione in un Paese che vede correre alle Presidenziali candidati divisivi e in grado di destabilizzare nuovamente la situazione in caso di mancato riconoscimento dell’esito del voto. Tra questi, infatti, ci sono Saif al-Islam Gheddafi, figlio ed ex collaboratore dell’ex Raìs che, secondo al-Arabiya, gode di un largo appoggio nella popolazione ma che è duramente osteggiato dai governatori di alcune città. Una su tutte Misurata, dove si trova la potente milizia che diede il via alle rivolte anti-governative del 2011. A candidarsi è stato però anche il generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, che nel 2019 tentò di prendersi il Paese con la campagna militare su Tripoli, respinto alle porte della capitale dall’intervento delle milizie filo-turche in appoggio all’allora presidente del Governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj. Infine, a correre è anche l’attuale premier Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, nonostante chi ha cercato di ostacolare la sua candidatura sostenga che secondo la legge elettorale qualsiasi candidato per le Presidenziali deve aver rinunciato ad ogni incarico, civile e militare, almeno tre mesi prima della data prevista per le elezioni. Cosa che Dbeibah non ha fatto.