La faccia tosta con cui Draghi dice di non capire perché la Cgil e la Uil hanno deciso uno sciopero generale contro le politiche del suo governo è degna di un premio Oscar per la migliore recitazione. Infatti Draghi sa benissimo che le sue politiche costituiscono un distillato di politiche liberiste a favore delle classi dominanti, sia sul piano economico che su quello politico.
Non solo i 200 miliardi che il governo Draghi sta spendendo sono in larga parte indirizzati a foraggiare le imprese italiane sostanzialmente senza impegni ad una vera riconversione ambientale delle produzioni. Mentre i media mainstream tuonano contro il reddito di cittadinanza, il governo sta trasferendo alle imprese una cifra venti volte superiore: un enorme assistenzialismo di stato per i padroni.
Come se non bastasse, anche il ridisegno delle imposte dirette ha caratteristiche completamente regressive. Siamo un paese in cui il 10% più ricco possiede più del 60% della ricchezza mentre il 60% più povero possiede poco più del 10% della ricchezza. La riforma fiscale del governo Draghi a regime non dà nulla al 60% più povero. A dirla così non ci si crede perché oltre alla faccia tosta ci vuole una buona dose di odio di classe – quello dei ricchi contro i poveri – per giustificare una misura simile. Eppure è così e i conti sono sotto gli occhi di tutti.
Draghi però si giustifica dicendo che lui non fa stangate. Bella forza. Dopo 30 anni in cui ci hanno detto che i soldi non c’erano e hanno così giustificato la distruzione del welfare, delle pensioni e dei diritti sociali, adesso i soldi sono magicamente saltati fuori e Draghi ne ha a disposizione più di tutti. I soldi sono “apparsi” perché, con il blocco dell’economia dovuto al Covid, di soldi ce n’era bisogno per sostenere le banche, le imprese, la borsa e per evitare l’implosione della società. L’Unione Europea ha quindi allargato i cordoni della borsa e ha mandato in Italia un commissario per gestire il bottino in modo che fosse speso nella direzione voluta: a favore degli italiani ricchi.
Ovviamente la maggior parte di questi soldi sarà da restituire e qui casca l’asino: Draghi non sta facendo stangate ma passa il grosso del denaro ai ricchi e alle imprese e le briciole alle classi popolari. Quando dovremo restituire le parti si invertiranno e i lavoratori dipendenti e i pensionati dovranno pagare il conto. Come se non bastasse Draghi sta operando per privatizzare tutto ciò che si può ancora privatizzare in Italia.
Draghi sta quindi redistribuendo risorse a favore delle classi possidenti e ponendo le condizioni per ulteriori futuri tagli al settore pubblico. La cosa strana non è lo sciopero generale contro queste politiche, ma il fatto che sia arrivato così tardi. Lo sciopero è quindi da fare e ogni persona che abbia a cuore gli interessi dei più deboli dovrebbe augurarsi una sua piena riuscita invece di attaccarlo come fanno Letta e Sala.
Questo sciopero parla anche del quadro politico italiano che è molto diviso e litigioso, ma unito su una cosa: centrodestra, centrosinistra, centro e 5stelle sono tutti contrari allo sciopero generale e ad una redistribuzione del reddito dall’alto in basso. In altre parole litigano come matti ma sono tutti dalla parte dei ricchi e dei padroni. Questo è il vero problema, che va al di là di Draghi. La crisi della sinistra radicale e per certi versi anche il fallimento del Movimento 5 stelle hanno lasciato completamente privi di rappresentanza gli strati sociali più deboli. Qui la questione sociale è intrecciata a quella politica e a quella democratica: una società in cui la maggioranza più debole non ha rappresentanza parlamentare non è più una democrazia ma una oligarchia pluralista.
Per questo oltre alla riuscita dello sciopero generale dobbiamo operare per la convergenza di tutte le forze che vogliono l’eguaglianza e l’alternativa: perché le classi popolari hanno il diritto a non essere trattate come servi, hanno diritto a cambiare la propria esistenza. In meglio.