Principali beneficiari della proposta sarebbero quindi i Paesi di destinazione finale, come Germania, Olanda, Belgio o Francia, che avrebbero così la possibilità di respingere anche internamente all'Ue e con maggior semplicità i tentativi d'ingresso oltre i propri confini, a discapito degli Stati di primo approdo. Ma la proposta, che sarà presentata domani, ha bisogno dell'approvazione di parlamento e Consiglio Ue
Focus sui movimenti secondari, con procedure più snelle per il rimpatrio nei Paesi di primo approdo e anche la possibilità di reintrodurre controlli alle frontiere interne in caso di flussi massicci verso singoli Stati membri. È destinata a scatenare le polemiche dei Paesi ai confini esterni dell’Ue la proposta della Commissione europea, per la quale si attende il via libero definitivo nella giornata di martedì, di modifiche al codice Schengen. Il piano della Commissione, concentrato sull’emergenza migratoria e in particolar modo sulle pressioni al confine tra la Bielorussia e i tre Paesi europei confinanti di Polonia, Lituania e Lettonia, rischia di creare una nuova distanza sul tema migratorio tra le cancellerie dei 27. Mentre gli Stati di confine, sia quelli a est che quelli affacciati sul Mediterraneo, come Italia, Spagna, Malta e Grecia, chiedono da anni maggiore solidarietà europea da parte degli altri Paesi membri, questa proposta, che richiede comunque l’approvazione del Parlamento Ue e, infine, del Consiglio, dove potrebbe essere fortemente ridimensionata, rischia di inaugurare un nuovo scontro interno. Ancora una volta sul tema dei migranti.
Principali beneficiari della proposta sarebbero quindi i Paesi di destinazione finale, come Germania, Olanda, Belgio o Francia, che avrebbero così la possibilità di respingere anche internamente all’Ue e con maggior semplicità i tentativi d’ingresso oltre i propri confini, a discapito degli Stati di primo approdo. Questi, dal canto loro, potranno beneficiare di una serie di eccezioni all’interno dell’area Schengen, sulla scia di quanto deciso nei riguardi di Polonia, Lituania e Lettonia, per la sospensione di alcune procedure di diritto d’asilo. Tra queste anche quelle legate all’emergenza pandemica o a eventuali attacchi terroristici.
Inoltre, la Commissione guidata dalla presidente Ursula von der Leyen apre anche alla possibilità che ci siano controlli alle frontiere nell’area Schengen, ma solo in casi eccezionali, ovvero se un Paese membro affronta movimenti secondari massici e dimostra di non poter mettere in campo soluzioni alternative. Inoltre, per ogni provvedimento di questo genere sarà comunque necessario un confronto in sede di Consiglio Ue per evitare iniziative in ordine sparso come successo nel corso delle ultime ondate della pandemia. Per limitare l’uso eccessivo della reintroduzione dei controlli, si promuove con forza anche il ricorso a pattugliamenti congiunti delle frontiere esterne e alla conclusione di accordi bilaterali con Paesi terzi per limitare i flussi migratori.
La proposta rappresenta in qualche modo l’altra faccia del progetto di riforma di Schengen spinto dal presidente francese, Emmanuel Macron, e appoggiato anche dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, in occasione della conferenza stampa seguita alla firma del Trattato del Quirinale. Tra i punti fondamentali sottolineati dal capo dell’Eliseo per il rilancio del progetto Ue c’era proprio quello di “un’Europa più sovrana”, che si traduce anche in controlli più stringenti ai confini esterni. Non era emersa, però, alcuna volontà di limitare con forza anche i movimenti secondari all’interno dello spazio Schengen.
Il tema migranti è all’ordine del giorno anche del vertice Ue del 16 dicembre e non è da escludere che gli Stati membri più interessati a questa modifica possano spingere per inserire nel testo finale anche le restrizioni sui movimenti secondari. Un aspetto sul quale ci si aspetta che Paesi come l’Italia o la Spagna oppongano resistenza, un po’ come successo circa due mesi fa, quando riuscirono a vanificare un primo tentativo. L’intenzione di Roma, infatti, sembra essere quella di mantenere la discussione nell’ambito della dimensione esterna.