Dopo tre anni di attesa, il disegno di legge sul Suicidio assistito è finalmente arrivato a Montecitorio e oggi è iniziata la discussione generale. Un provvedimento atteso e sollecitato dalla stessa Corte costituzionale dopo la sentenza del 2018, ma che in Aula è stato accolto da poco più di 25 parlamentari. Una scarsa partecipazione che è ormai una consuetudine per gli eletti che il lunedì usano la giornata per tornare a Roma e raramente partecipano ai lavori (ancora meno se non sono previste votazioni), o al massimo sono impegnati in commissione. L’unico a commentare la situazione è stato il deputato del gruppo Misto Giorgio Trizzino: “Se le telecamere inquadrassero la nostra Aula”, ha dichiarato, “si vedrebbe quanto siano pochi ad assistere al nostro dibattito: il che dimostra quanto la politica sia distante da questo tema così importante“. Il tutto mentre, fuori dall’Aula, sono stati un milione e 200mila (in soli tre mesi) i cittadini che hanno sottoscritto il referendum per l’eutanasia legale.

Del resto il percorso del disegno di legge è molto più che in salita: il provvedimento approvato in commissione è già stato annacquato e i promotori del referendum per l’eutanasia legale chiedono numerosi interventi di modifica perché si evitino discriminazioni. Ora spetterà all’Aula intervenire con le modifiche, ma sui tempi è molto difficile fare previsioni. Intanto le primo pomeriggio, alla Camera dei deputati è stata “rinviata ad altra seduta”, come ha spiegato il presidente di turno Fabio Rampelli, la discussione della proposta di legge sul fine vita. Esauriti gli interventi della discussione generale, l’iter del provvedimento è adesso nelle mani della Conferenza dei capigruppo, che periodicamente deve definire il calendario dei lavori della Camera. Ma per il ritorno in Aula si dovrà aspettare ancora: nella parte finale del 2021 l’agenda dei lavori dei deputati è già intasata dai decreti in scadenza da convertire e, soprattutto, dalla sessione di Bilancio. La manovra, al momento, rischia di venire approvata proprio a ridosso di Natale. Dopo le vacanze, ad inizio 2022, parlamentari e tutti gli altri grandi elettori attendono poi la convocazione per l’elezione del capo dello Stato dal Parlamento in seduta comune. Quando si può pensare di ripartire con l’esame del provvedimento sul fine vita? “Prima di febbraio è molto difficile”, hanno spiegato fonti parlamentari a fine seduta.

Sul testo poi incombono infatti diverse incognite, come la possibilità che si possa fare ricorso a voti segreti che, quando si tratta di temi etici, hanno un esito sempre poco prevedibile. Lo insegna l’esperienza del ddl Zan: il 27 ottobre, la Legge che avrebbe introdotto “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per sesso, genere o disabilità” è stata affossata dal Senato che, a voto segreto, ha approvato “il non passaggio all’esame degli articoli”. Le norme sul fine vita arrivano in Aula a Montecitorio al termine di un lungo lavoro nelle commissioni Affari Sociali e Giustizia, che si è chiuso con una proposta approvata dal centrosinistra ma bocciata dal centrodestra. Il presidente della commissione Giustizia alla Camera, Mario Perantoni (M5s), è comunque ottimista sull’esito dei lavori dell’Aula. Se Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Coraggio Italia chiedono limiti più stringenti, sul fronte opposto l’associazione Coscioni ha già presentato proposte di emendamenti “ritenuti indispensabili perché, al contrario del testo attuale, la legge rappresenti un passo avanti”.

Durante la discussione generale ha preso la parola il deputato +Europa Riccardo Magi. “Non si può cogliere appieno il valore storico di questa giornata”, ha esordito, “se non si ricorda la lotta che in questo paese hanno condotto con coraggio Luca Coscioni, Piero Welby, Eluana Englaro e dj Fabo insieme a Marco Cappato e ai loro familiari. Ma il testo sul fine vita che è uscito dalle commissioni, da un dibattito surreale che abbiamo atteso per più di tre anni e che, dobbiamo dircelo, è avvenuto un po’ sbrigativamente rinviando le decisioni sui nodi essenziali, rischia di portarci a una storica occasione persa. Vi sono dei nodi importanti che vanno chiariti dal parlamento al fine di garantire veramente a tutti i cittadini dignità e libertà di scelta sul fine vita”. E ha aggiunto: “Il testo arrivato oggi in aula non corrisponde nemmeno ai paletti posti dalla Corte costituzionale, spero dunque che il parlamento possa e voglia modificarlo, a tutela della libertà di scelta di tutti i cittadini. Eppure la discussione generale si è aperta e chiusa oggi ma non sappiamo nulla sul seguito dell’esame. Non è stato fissata nessuna data e di conseguenza non è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti”.

L’elaborazione delle norme è partita dalle indicazioni della Corte costituzionale che, nel novembre 2018, ha sollecitato il Parlamento a varare una legge sul suicidio assistito. Nel 2019 ha poi indicato quattro i pilastri: che il paziente sia in grado di intendere e volere, che sia affetto da una malattia non reversibile, che abbia sofferenze psichiche o fisiche intollerabili, che dipenda da presidi vitali. La legge che arriva in Aula alla Camera stabilisce il percorso attraverso cui “la persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile” può “richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita”. Nel corso dei lavori, la commissione ha accolto alcune delle richieste del centrodestra, come l’introduzione della possibilità di obiezione di coscienza per i sanitari e la previsione che le sofferenze del paziente siano “fisiche e psichiche” e non “fisiche o psichiche”, come indicato dalla Consulta. Fra i sostenitori di una regolamentazione del fine vita c’è il presidente della Camera, Roberto Fico: “L’Italia deve colmare il vuoto normativo sul suicidio medicalmente assistito perché in questo modo entrerà nell’era di un Paese più civile e giusto”, ha detto nei giorni scorsi.

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