Nella ricerca 'Project TARGET', co-finanziata dalla Commissione europea, dal Flemish Peace Institute in collaborazione con la Leiden University, l'Europol e altri partner europei, si ipotizza il collegamento tra le nuove fonti di approvvigionamenti per criminali di alto e basso rango e la frenata nel calo di reati commessi con armi da fuoco registrata dall'inizio degli anni 2000
Traffici illegali da ex zone di guerra, riconversione di armi disattivate, trasformazione in unità di fuoco di pezzi progettati a salve e, infine, anche la stampa 3D. Sono sempre di più i metodi di approvvigionamento illegale di armi disponibili anche in Europa e di conseguenza aumentano le sfide per le forze dell’ordine nel contrasto ai flussi illegali. Se ancora nel nostro continente questo non si è trasformato in un incremento dei reati, letali e non, commessi con armi da fuoco, il report Project TARGET, co-finanziato dalla Commissione europea, il Flemish Peace Institute in collaborazione con la Leiden University, l’Europol e altri partner europei, ha rilevato un appiattimento nella curva che segna il calo dei crimini che ha caratterizzato i primi 20 anni del 2000. Una frenata che in alcuni Paesi, addirittura, si avvicina a un’inversione di tendenza.
LA SITUAZIONE IN EUROPA – Secondo le stime della Small Arms Survey, il numero totale di armi da fuoco detenute, legalmente e illegalmente, dai civili a livello globale toccava gli 857 milioni di pezzi nel 2017, di cui 81 milioni nell’Unione europea. Numero che si traduce in un tasso medio del 15,7%. Ben più basso di quello che si registra negli Usa (intorno al 120%), dove i reati commessi con armi da fuoco sono infatti ben più alti: gli Stati Uniti hanno oggi un tasso compreso tra 3 e 4 omicidi con armi da fuoco ogni 100mila abitanti, circa il 66% degli assassinii totali in America. In Europa, invece, difficilmente si notano tassi oltre lo 0,4 ogni 100mila abitanti e l’uso di armi da fuoco negli omicidi si aggira in media intorno al 20%. Questo farebbe concludere che il maggior possesso di armi da fuoco si traduca in un aumento della violenza commessa con gli stessi metodi. Inoltre, il report ricorda che la portata della violenza armata non letale appare significativamente più diffusa della violenza letale.
La maggior parte della violenza commessa con armi da fuoco nella sfera domestica è caratterizzata dall’uso di apparecchi disponibili localmente, legali o illegali, si spiega nel report. Diversa è invece la questione legata ai crimini non-domestici che vengono principalmente commessi con pistole che non sempre sono disponibili localmente.
IL MERCATO ILLECITO – Ecco che, quindi, entra in gioco il mercato illecito. In alcuni Paesi, come Olanda e Svezia, questi traffici hanno avuto un impatto decisivo, così come, in forma più blanda, in Belgio e Danimarca. Si tratta di Stati dove il mercato illegale assume un ruolo determinante per il possesso di armi in mano alla criminalità, fenomeno che senza questi flussi sarebbe fortemente ridimensionato in certe Nazioni. Gli autori del report non escludono, così, che questo trend possa ‘contagiare’ anche altri Paesi del continente. Al momento, infatti, non ci sono indicazioni che la violenza con armi da fuoco stia diminuendo in questi Paesi del nord. E questa è alimentata principalmente dal traffico illegale.
Questo coinvolge sia armi da fuoco di tipo militare che di minor qualità che finiscono per essere a disposizione dei criminali. La circolazione delle prime, ben più complicata, avviene ancora sotto forma di contrabbando diretto dai Paesi teatro di conflitti recenti, soprattutto i Balcani occidentali, ma anche grazie alla riconversione di armi disattivate, come succede nei Paesi dell’Europa centrale. Strategia, quest’ultima, che si ritrova anche in alcuni attentati terroristici compiuti in territorio europeo. Questo fa sì che queste armi da fuoco diventino maggiormente accessibili, specialmente ai criminali di alto livello. Un esempio lampante è quello dei Paesi Bassi, dove si registra un utilizzo di armi da fuoco di alta qualità, come pistole Glock (utilizzate nel 20% delle sparatorie) e fucili automatici, in particolare Kalashnikov e Škorpion (più del 10%). Queste armi non sarebbero disponibili per i criminali dei Paesi Bassi senza un traffico fiorente da altri Paesi.
La circolazione illegale può coinvolgere però anche armi da fuoco meno potenti. In questo caso, però, si registra un maggior ricorso al traffico di oggetti che, in origine, nascono a salve e successivamente vengono riconvertiti in vere e proprie armi da fuoco. In tutta Europa, i sequestri di armi a salve, come pistole a gas e armi d’allarme riconvertite, sono aumentati negli ultimi 10 anni e rappresentano i principali mezzi utilizzati dai criminali di basso livello, in particolare rapinatori che le usano per minacciare o ferire le loro vittime. Il flusso di queste armi, in generale, sta dando l’opportunità ai criminali di livello inferiore di acquisire armi mortali facilmente e a basso costo. Stessa cosa, nonostante le restrizioni eterogenee imposte dai Paesi europei, vale per le armi riattivate. Così, mentre le morti da armi da fuoco potrebbero non aumentare considerevolmente, gli autori del report ritengono che i crimini non letali commessi con armi da fuoco potrebbero far registrare un’impennata.
Infine, le nuove tecnologie stanno obbligando le forze di sicurezza a intraprendere nuove sfide. Una su tutte quella sul controllo di armi fabbricate grazie alle stampanti 3D, sia che vengano commerciate già assemblate o in pezzi, in particolar modo sulle piattaforme internet e sul dark web. Una possibilità che attrae in particolar modo i piccoli criminali che, magari, non hanno sviluppato contatti con le grandi organizzazioni e non godono di un collaudato canale di approvvigionamento di pistole e fucili. Il numero di casi di sequestro di armi da fuoco stampate in 3D ha fatto registrare infatti un aumento, nonostante si tratti di pezzi imperfetti e in alcuni casi difettosi. Il loro grande pregio, però, è che sono difficili da rintracciare per le forze dell’ordine.