Il licenziamento del corrispondente da Bruxelles del Corriere della Sera, Ivo Caizzi, è nullo e il giornalista dovrà essere reintegrato e dovrà ricevere gli stipendi maturati nell’ultimo anno e mezzo “in forza del rapporto di lavoro mai interrotto”. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Milano secondo la quale “il licenziamento intimato ad Ivo Caizzi va dichiarato inefficace e, in base alle regole di diritto comune, RCS Mediagroup s.p.a. deve essere condannata a riammettere il giornalista in servizio”.
Caizzi era stato licenziato dalla Rcs di Urbano Cairo nell’aprile 2020, quando il corrispondente del Corsera era in piena attività e di fatto bloccato nella sua abitazione di Bruxelles a causa del lockdown, senza preavviso e senza alcun passaggio preventivo con la rappresentanza sindacale del quotidiano. E proprio su questo punto si basa la decisione dei giudici, visto che in caso di licenziamento il contratto giornalistico prevede una consultazione preventiva con il Comitato di redazione che deve esprimere un parere in merito (non vincolante) all’azienda.
La rescissione del rapporto in pieno blocco dei licenziamenti, era stata invece comunicata solo a Caizzi per lettera e in primo grado l’editore aveva prevalso dopo aver giustificato la rescissione del rapporto di lavoro motivandolo con il raggiungimento dell’età pensionabile da parte dell’interessato. Ma il Collegio giudicante della Corte d’Appello – con la sentenza n.1581 del 14 dicembre 2021 – ha accolto il ricorso di Caizzi presentato dagli avvocati Mario Fezzi e Maurizio Borali.
Due anni fa Caizzi aveva avviato una iniziativa “a tutela dell’indipendenza e della credibilità del Corriere”, protestando con il direttore Luciano Fontana per una prima pagina del giornale che annunciava, con un articolo di Federico Fubini, una inesistente procedura d’infrazione dell’Unione europea contro l’Italia, mai avviata neppure in seguito. In precedenza il giornalista era intervenuto nel dibattito sindacale interno alla redazione, criticando il gruppo di comando del Corriere per le perdite di copie, l’influenza della pubblicità e del marketing e per la richiesta di Rcs di aiuti pubblici nonostante i profitti e i bonus alla prima linea della dirigenza.