Lo sciopero generale che la Cgil e la Uil hanno dichiarato contro la politica dell’attuale governo Draghi è uno di quei passaggi politici che nessun governo democratico al mondo può affrontare con leggerezza.
Io, in banca, stavo con la Cisl (che ora si è tirata indietro con la vecchia scusa di non voler radicalizzare il conflitto) e mi scontravo spesso con quelli della Cgil, anche sui temi della politica, non solo quelli del lavoro. Ma quelli erano altri tempi, loro mi davano del “fascista” solo perché entravo in banca col Giornale di Montanelli sotto braccio, io rispondevo dando a loro degli “stalinisti” – e un po’ lo erano per davvero perché in quegli anni l’Unione Sovietica di Breznev schiacciava ancora la Polonia sotto un regime ferreo e in Italia la Cisl si era schierata apertamente per “Solidarnosc” (solidarietà in polacco), il sindacato cattolico polacco, sostenuto inizialmente dal vescovo di Cracovia Wojtyla, poi eletto papa.
Sembra strano a dirsi oggi, eppure in quegli anni il sindacato comunista italiano era ancora schierato con l’Urss (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) e persino nelle piccole vertenze sindacali di casa nostra ci si poteva trovare su fronti opposti. Oggi è tutto cambiato, specialmente dopo la caduta del muro di Berlino e i governi di Margareth Thatcher a Londra e di Ronald Reagan negli Usa, allorché l’alta finanza e le operazioni di Borsa hanno preso il sopravvento su tutto. Durante tutti questi anni cosa ha fatto Draghi? Beh, lui è di qualche anno più giovane di me e non credo che nei posti dove è stato lui (Goldman Sachs, Banca d’Italia, ecc.) qualcuno gli abbia chiesto di scioperare per Solidarnosc o per l’abbattimento del muro di Berlino, ma per sapere vita e miracoli di “SuperMario” non occorre andare lontano: proprio qui su il Fatto Quotidiano è stato stampato appena due mesi fa un intero fascicolo di Millennium dedicato quasi interamente a Draghi.
Il direttore Peter Gomez nel suo editoriale d’introduzione si chiede se è un “trasformista” o un “pragmatico”, fondando questo interrogativo non tanto su quel che si sa di lui, ma sul tipo di persona che appare in pubblico. Siccome è un severo e capace economista, tutti potrebbero pensare che, sul piano caratteriale, è schivo, rigido, poco socievole (infatti in molte occasioni, col suo governo, è apparso poco loquace e molto decisionista). Gomez ricorda allora il più famoso di tutti i banchieri italiani: Enrico Cuccia, un vero mito nel secolo scorso – tutte le operazioni bancarie più importanti dovevano passare dalla sua Mediobanca per essere “tranquille”, eppure all’occasione era capace di proferire anche battute sagaci, come quella che fece a uno dei tanti che lo accusava (bonariamente) di essere, insieme a tutti i banchieri, un ladro. Lui scherzosamente rispondeva: “Il peccato ‘veniale’ di un banchiere è scappare con la Cassa, quello ‘mortale’ è parlare”. Infatti era noto che, specialmente tra i giornalisti che tentavano di ottenere da lui qualche confidenza sugli affari che seguiva, tentare di estorcergli qualche confidenza era una perdita totale di tempo.
Ecco, su questo aspetto credo proprio che Draghi gli assomigli molto e fa bene: un banchiere che non sa essere riservato non è un buon banchiere. Ora però che non fa più il banchiere ma il presidente del Consiglio, dovrebbe imparare a parlare un po’ di più. Senza fare come i politici che parlano troppo e quasi sempre concludono poco, ma come gli amministratori seri e capaci, che studiano le situazioni e parlano solo per chiedere ciò che serve e per trovare le soluzioni migliori a compiere il proprio dovere.
Tuttavia non deve dimenticare nemmeno per un secondo che la sua posizione attuale non è più quella di prima. Il banchiere deve proteggere soprattutto l’integrità dei capitali e del patrimonio a lui affidati, senza particolare riguardo alle persone; come capo del governo deve invece girarsi spesso e vedere che alle sue spalle non ci sono più libri e oggetti di pregio ma bandiere, e che quelle bandiere rappresentano innanzitutto un popolo, una grandissima famiglia che ora dipende in buona parte proprio da lui, dalle sue capacità amministrative e dalla sua solidarietà umana che in questa posizione non possono più stare separate.
Da banchiere centrale ha saputo fermare la speculazione globale contro l’euro (We’ll do wathever it takes… ); adesso dovrebbe fare la stessa cosa (insieme agli stessi partner europei) contro l’attuale speculazione energetica che alza artificialmente i prezzi dei carburanti e si arricchisce impoverendo noi.
Tra pochi giorni saranno proprio i Sindacati, alla testa di quelle persone che vogliono la sua attenzione in momento difficilissimo della loro vita, a ricordarglielo. Gli scioperi, in questo secolo, sono sempre più rari proprio perché non ci sono più ideologie a deciderli ma problemi reali, a volte gravi, della gente. Problemi che solo un bravo amministratore può, in tutto o almeno in parte, risolvere. La gente, anche all’estero, ha molta fiducia in Draghi, lui è molto bravo e in pochi anni potrà, insieme ad alleati capaci come lui, dedicarsi all’obiettivo più importante per tutti, quello dell’Europa Unita, e passare alla storia come il Washington d’Europa.
Io vedo molto bene Rosy Bindi per il Colle, lei ha l’esperienza politica che a Draghi manca e insieme hanno, oltre che le competenze necessarie a fare il grande salto, anche l’onestà intellettuale per ottenere un supporto duraturo dalla gente di tutta Europa.