L'esecutivo dribbla il dibattito parlamentare e con un emendamento al decreto Recovery rinnova il loro contratto, ma a decidere sul loro futuro saranno le Regioni, che i navigator non li hanno mai voluti
L’emendamento al decreto Recovery è stato già ribattezzato “salva navigator”. Eppure sono proprio i diretti interessati a non sentirsi tranquilli. Anzi, lo considerano “una presa in giro”. E una loro delegazione si è data appuntamento ieri di fronte al ministero del Lavoro e alle prefetture di molti capoluoghi per chiedere che la proroga di sei mesi al loro contratto contenga le necessarie garanzie professionali e occupazionali. “Da Anpal passiamo alle Regioni, alle quali l’emendamento concede una discrezionalità che non ci dà certezze, soprattutto in regioni da sempre critiche nei nostri confronti”, rilancia la navigator campana Ilenia De Coro, presente a Roma. E tocca un punto ribadito anche da Cgil, Cisl e Uil nei rispettivi comunicati. “Solo rassicurazioni e la promessa di interloquire con il ministro Orlando, ma nessuna risposta: le motivazioni di questa piazza non si spostano”, ha riferito il segretario della Nidil Cgil Silvia Simoncini all’uscita dalla Camera, dove insieme alla Uiltemp e a una delegazione di navigator ha incontrato alcuni parlamentari del Pd. Ulteriori modifiche in commissione Bilancio alla Camera sono ancora possibili, e il M5s ha presentato ieri una modifica all’emendamento per inserire garanzie là dove mancano. Ma il tempo stringe: il 31 dicembre il contratto dei navigator scade definitivamente, e dopo i lavori in commissione alla Camera, il decreto deve ancora passare dal Senato.
Tutti convinti che il loro destino si sarebbe deciso al Senato, dove è in corso l’esame della legge di Bilancio e dove la solidarietà espressa ai navigator da più parti si è tradotta in alcuni emendamenti al testo governativo, a partire dal rinnovo del loro contratto. Invece i lavori del Senato sembrano essersi già trasformati in uno sterile confronto tra anime belle. È bastato un emendamento al decreto Recovery, un fulmine a ciel sereno caduto sull’altro ramo del Parlamento, in commissione Bilancio alla Camera. Una modifica presentata dagli stessi relatori del decreto, “e quindi un testo concordato col governo se non addirittura dettato direttamente dal ministero per accelerare e lavarsi definitivamente le mani della questione navigator”, spiegano alcuni deputati che preferiscono restare anonimi in attesa che il decreto concluda l’iter in commissione. Insomma, un dribbling del governo che si riappropria della palla, ma solo per poterla lanciare nel campo delle Regioni, alle quali l’emendamento intende affidare la proroga dei contratti dei navigator. “Così passiamo dalla padella alla brace”, è l’amaro commento di Ilenia De Coro, giunta stamattina da Napoli per protestare davanti al ministero. “Un passaggio di mano, da Anpal alle Regioni, lasciando a queste di decidere se e come utilizzarci, senza alcuna garanzia sul piano professionale né sul futuro occupazionale”. Che la proroga nasconda la definitiva disarticolazione della neonata categoria di lavoratori, partorita dal primo governo Conte e divenuta in poco tempo l’ennesima Cenerentola d’Italia, è quanto scrivono anche i sindacati. “Ora si rischia di generare soluzioni disomogenee sul territorio nazionale”, si legge nei comunicati. E ancora: “Nell’emendamento non viene individuato alcun percorso di valorizzazione delle professionalità acquisite da questi lavoratori”. Con buona pace di quanti si sono spesi perché la formazione e l’esperienza acquisita dai navigator non venisse buttata al vento. Una su tutti, la sociologa Chiara Saraceno, che lo stesso premier Mario Draghi ha voluto alla guida del comitato scientifico per la riforma del Reddito di cittadinanza, salvo poi non raccogliere nemmeno una delle raccomandazioni partorite dal comitato stesso.
E così l’Italia si avvia all’ennesimo spreco di risorse e alla dispersione di qualche migliaio di giovani laureati, arruolati tra i precari della pubblica amministrazione e già abbandonati al loro destino, o meglio alle Regioni che fin dall’inizio li hanno osteggiati. Da qui l’appello rivolto al ministro Andrea Orlando dai navigator, perché mantenga a livello centrale la regia dell’operazione che li riguarda. “Il destino della categoria deve essere unico: tutti o nessuno”, riflette la navigator De Coro. Al contrario, l’emendamento governativo non prevede garanzie nemmeno sul fronte di un’eventuale, futura stabilizzazione della categoria. “Aggiunge semplicemente questi lavoratori ad un elenco lunghissimo di soggetti destinatari dello stesso titolo preferenziale”, scrivono i sindacati. Insomma, quando scadrà l’ennesima proroga, iscrivetevi ai concorsi regionali e chi si è visto, s’è visto. Ma non corriamo troppo, perché i guai potrebbero essere già dietro l’angolo. “Se cosa fare di noi lo decideranno le singole regioni, per chi come me viene dalla Campania di Vincenzo De Luca l’orizzonte è cupo”, aggiunge De Coro, ricordando come nella sua regione i navigator sono partiti in forte ritardo proprio a causa della contrarietà del governatore alla loro missione. “E anche in Veneto c’è da temere il peggio, visto che l’assessorato al Lavoro di Zaia è sempre stato tra i più duri nei nostri confronti”.
Ormai il tempo stringe e il contratto sta per scadere. Le delegazioni di sindacati e navigator accolte in Parlamento e al ministero del Lavoro non hanno portato a casa nulla, o quasi. “Il ministero si è detto disponibile a ulteriori modifiche per garantire una corsia preferenziale alla categoria nei concorsi pubblici”, ha riferito la delegazione. Parole. Mentre il passaggio alle regioni è ormai scontato. Anzi, per il ministero si tratta di un “passaggio fisiologico”. Il decreto e l’emendamento in questione rimarranno alla Camera ancora un paio di giorni, e il M5s conta di poter inserire modifiche che garantiscano maggiormente i navigator sul piano professionale e occupazionale. Ma senza ribaltare l’emendamento dei relatori e il nuovo paradigma che affida tutto alle regioni, a partire dalla natura stessa del rinnovo, sempre che ci si arrivi davvero. “Si tratta comunque di mettere d’accordo tutti: ministero, regioni, funzione pubblica, ragioneria dello Stato, nonché i gruppi parlamentari”, spiegano i cinquestelle. Gli unici ai quali non sembra si debba badare troppo sono i navigator, dei quali tra poche settimane, in un modo o nell’altro, la politica nazionale sarà finalmente riuscita a disfarsi per sempre.