Due dosi del vaccino anti-Covid di Pfizer-Biontech offrono circa il 70% di protezione contro la malattia grave da variante Omicron. È quanto emerge dai risultati di uno studio pubblicato in Sudafrica. Lo studio si basa sui risultati di 78.000 test Prc molecolare effettuati in Sudafrica tra il 15 novembre e il 7 dicembre ed è stato condotto dalla principale compagnia di assicurazioni sanitarie private del Sudafrica, Discovery, insieme al South African Medical Research Council.
I primi indicatori suggeriscono chela mutazione potrebbe essere più trasmissibile, ma finora dati promettenti hanno suggerito che i vaccini offrono ancora protezione contro questa variante. Questa ricerca ha suggerito che due dosi del vaccino Pfizer/BioNTech offrono ancora protezione contro la malattia grave.
“La doppia dose del vaccino Pfizer/BioNTech mostra un’efficacia del 70% nel ridurre il rischio di ospedalizzazione”, ha affermato Ryan Noach, capo di Discovery, che ha co-guidato lo studio. Secondo Pfizer/BioNTech, due dosi del vaccino offrivano una protezione del 93% contro le varianti precedenti.
Solo un giorno fa invece sulla rivista pre-print MedRxiv (senza revisione) uno studio dei ricercatori di Oxford mostrava che due dosi di vaccino non bastano a proteggere dal contagio con la nuova variante e a essere più a rischio rispetto a altre varianti sono anche i guariti. La ricerca fa emergere come Omicron abbia il potenziale per portare un’ulteriore ondata di infezioni, anche tra persone già vaccinate, sebbene non vi siano prove di un aumento di malattia grave o decessi.
Tuttavia, l’efficacia nella protezione dal contagio, suggeriscono gli autori inglesi, è potenziata da una dose di richiamo. Utilizzando campioni di sangue di individui che avevano ricevuto due dosi dei vaccini Oxford-AstraZeneca o Pfizer-BioNTech e un isolato di virus vivo, i ricercatori hanno dimostrato una sostanziale diminuzione dei titoli neutralizzanti, ovvero la misura del livello di anticorpi neutralizzanti generati in risposta alla vaccinazione contro o all’infezione da Covid. “Sebbene non ci siano prove di un aumento del rischio di malattie gravi o di morte dovute al virus tra i vaccinati, dobbiamo rimanere cauti, poiché un numero maggiore di casi continuerà a rappresentare un onere considerevole per i sistemi sanitari”, aggiunge Matthew Snape, professore di pediatria e vaccinologia all’Università di Oxford, coautore dello studio. Questi dati, aggiunge “sono solo una parte del quadro” perché parlano solo degli anticorpi neutralizzanti dopo la seconda dose, ma non ci parlano dell’immunità cellulare. Non abbiamo ancora valutato l’impatto di un richiamo, che sappiamo aumenta significativamente le concentrazioni di anticorpi – conclude Snape – ed è probabile che questo porterà a una maggiore potenza contro la variante Omicron”.
Secondo gli studiosi dei National Institutes for Food and Drug control, in Cina l’esercito del sistema immunitario, in grado di sconfiggere la variante Omicron, è più forte se si è vaccinati o se si ha avuto il Covid, ma allo stesso tempo la variante si è fatta più “furba” e ha una maggiore capacità di eludere la protezione stessa. Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica Emerging Microbes&Infection. Secondo i riccerattori sebbene una strategia di potenziamento della terza dose possa “aumentare significativamente l’immunità”, la protezione da Omicron “potrebbe essere compromessa”. Ma sono necessarie ulteriori ricerche per capirlo meglio. Secondo Youchun Wang, ricercatore che ha condotto l’analisi, “il gran numero delle mutazioni della variante Omicron ha causato cambiamenti significativi nella sensibilità alla neutralizzazione nei confronti di persone che avevano già avuto il Covid”, ma il livello di protezione “contro Omicron è ancora superiore alla ‘linea di basè, che indica che è possibile osservare ancora un certo effetto di protezione”. Nel lavoro sono stati analizzati 28 campioni di siero di pazienti che si stavano riprendendo dal ceppo originale di Sars Cov-2 e li hanno testati, in vitro, su campioni di Omicron, così come altri quattro ceppi virali definiti “preoccupanti” (come la variante Delta) dall’Organizzazione mondiale della sanità e altre due varianti classificate come “di interesse”. I dati dello studio, secondo i ricercatori, “potrebbero prevedere la potenziale riduzione della protezione del vaccino contro la nuova variante Omicron”