Lo si scopre dai messaggi consegnati dall'ex capo staff della Casa Bianca, Mark Meadows, alla commissione d’inchiesta sui fatti del 6 gennaio scorso e letti durante la seduta in cui è stata approvata la richiesta di incriminazione per oltraggio al Congresso dell’ex capo dello staff che si rifiuta di testimoniare e che oggi verrà votata in aula. Anche Trump Jr chiese l'intervento del padre
“C’e uno stallo armato all’ingresso dell’aula della Camera”, “siamo senza aiuto”, “Qualcuno finirà ucciso, il presidente deve parlare in pubblico per calmare la situazione”. Sono decine i messaggi di senatori repubblicani inviati al capo dello staff di Trump, Mark Meadows, nelle ore più calde dell’assalto dei suoi sostenitori al Congresso Usa. Dei veri e propri sos, richieste di aiuto per paura di essere linciati dalla folla che ha invaso le stanze di Capitol Hill. Anche il figlio del tycoon, Donald Jr., ha chiesto che il padre intervenisse per fermare l’assalto. Cosa che l’ex presidente, comunque, non ha fatto.
Lo si scopre dai messaggi consegnati da Meadows alla commissione d’inchiesta sui fatti del 6 gennaio scorso e letti durante la seduta in cui è stata approvata la richiesta di incriminazione per oltraggio al Congresso dell’ex capo dello staff che si rifiuta di testimoniare e che oggi verrà votata in aula. La richiesta era sempre la stessa: Trump doveva interrompere il silenzio in cui si era rinchiuso e intervenire al più presto per fermare i rivoltosi. “Deve intervenire per condannare questa roba al più presto possibile” scriveva Donald jr a Meadows che rispondeva dicendosi “d’accordo, sto insistendo in tutti i modi“. Ma visto che le ore passavano e il padre non si faceva sentire, Trump jr tornava all’attacco: “Abbiamo bisogno di un discorso dallo Studio Ovale, deve prendere la guida, la cosa è andata troppo oltre”.
Ma il figlio del magnate non era l’unico preoccupato per la deriva che stavano prendendo le proteste pro-Trump dopo la certificazione della vittoria di Joe Biden alle Presidenziali. Sul cellulare di Meadows arrivavano una marea di messaggi di personaggi di punta di Fox News, rete tv alleata di ferro e artefice dell’ascesa di Trump, come Sean Hannity, Brian Kilmeade e Laura Ingraham. “Mark, il presidente deve dire alla gente a Capitol Hill di andare a casa, questo ci sta facendo male, sta distruggendo la nostra eredità“, scriveva Ingrham. “Per favore mandalo in tv, stanno distruggendo tutto quello che avete ottenuto”, gli faceva eco Klimeade. “Può fare una dichiarazione? Chiedete alla gente di lasciare Capitol Hill”, insisteva Hannity.
Ma i messaggi più drammatici sono quelli inviati da parlamentari e staff repubblicani che erano intrappolati all’interno dell’edificio, nascosti per sfuggire alla violenza dei rivoltosi. “Mark, hanno letteralmente assaltato il Congresso, rotto le finestre, le porte, fatto irruzione. Trump dirà qualcosa?”, si legge in uno di questi messaggi. In un altro si denuncia che “c’e uno stallo armato all’ingresso dell’aula della Camera”. “Siamo senza aiuto”, implorava un altro membro del Congresso. “Qualcuno finirà ucciso – profetizzava un altro repubblicano, visto che alla fine saranno cinque le vittime dell’assalto – Potus deve intervenire per calmare”.
Liz Cheney, figlia dell’ex vice presidente che è stata alla guida della fronda repubblicana che ha votato per l’impeachment a Trump ed è per questo stata allontanata dalla leadership del partito, ha dichiarato che “la violenza era evidente a tutti, era mostrata in diretta da tutti i canali televisivi, ma per 187 minuti il presidente Trump si rifiutò di agire quando era richiesta la sua azione presidenziale, era essenziale e imposta dal suo giuramento alla Costituzione”.