Studenti e insegnanti, fianco a fianco, soltanto pochi giorni fa in tutta Italia sono scesi in piazza per protestare contro le politiche sulla scuola intraprese dal governo nell’ambito della gestione delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il corteo principale, e più numeroso, ha interessato la Capitale, capofila delle proteste nel Paese con circa 40 istituti occupati da settembre a oggi.

LE PROTESTE – Opposizione studentesca d’alternativa, Osa’: è questa la sigla sotto la quale gli studenti in tutta Italia si stanno coordinando con proteste, picchetti e occupazioni. All’origine dell’agitazione c’è la richiesta di “avere voce in capitolo sui soldi in arrivo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza da destinare alla scuola”, spiegano nei volantini che vengono distribuiti davanti agli istituti. Da Torino a Bologna, passando per Milano, Napoli, Pisa e Roma, sono diverse le scuole occupate, in assemblea permanente o in autogestione. “Sono in arrivo 19,6 miliardi per l’istruzione che il governo ha intenzione di investire in riforme favorevoli solo alle aziende private e per far diventare definitivamente la scuola un luogo vuoto di conoscenza e poi vendere gli studenti a un mondo del lavoro, e a un futuro, fatto di disoccupazione, sfruttamento e competizione sfrenata tra di noi”, spiega Francesca Lini, studentessa romana e portavoce del coordinamento nazionale Osa.

LE RICHIESTE AL GOVERNO – Sono sei le richieste che gli studenti rivolgono al governo e in particolare al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Sostenuti anche dagli insegnanti dei Cobas, che accanto ai loro alunni hanno sfilato in corteo venerdì 10 dicembre in più città italiane, i ragazzi contestano la destinazione delle risorse del Pnrr tanto al piano Scuola 4.0 perché “i fondi per l’edilizia scolastica vanno destinati a risolvere i gravi problemi strutturali degli istituti”, scrivono nei volantini; quanto ai corsi di formazione per docenti che “vanno invece utilizzati per aumentare il numero di professori”. Altro punto al centro della rivolta: “La trasformazione degli istituti tecnici e professionali in agenzie interinali per le aziende sui territori”. “Negli istituti tecnici servono laboratori e materiali, educazione ai diritti sul posto di lavoro”, dicono i ragazzi. Inoltre “va messo un freno all’autonomia dei presidi manager”, alle “classi pollaio” e alla “competizione che influisce sulla salute psicologica”. Su quest’ultimo punto i giovanissimi chiedono una scuola che rivolga “meno attenzione alla valutazione del singolo studente” e favorisca con maggiore “disponibilità l’ascolto e la discussione tra studenti”.

LE OCCUPAZIONI – A Torino, sempre nell’ambito del coordinamento Osa, sono state occupate due scuole, a Bologna una. Ma è nella Capitale, con circa 40 plessi occupati dagli studenti da settembre a oggi, che la protesta è particolarmente sentita: solo nella mattina del 13 dicembre sono state annunciate tre nuove occupazioni nei licei Plauto, Argan e Albertelli. Il caso più eclatante ha riguardato il Plauto, liceo classico nel quartiere Spinaceto, a Roma sud. Qui i ragazzi hanno denunciato alcune tensioni, e alla fine della giornata hanno annunciato l’occupazione. “Eravamo in assemblea per discutere delle problematiche della scuola, dalle carenze strutturali al rinvenimento di topi morti alcuni giorni fa”, racconta la studentessa Francesca Lini. “La preside non ha autorizzato l’assemblea. Era un’assemblea normalissima. Sono quindi arrivati gli agenti di polizia del commissariato locale che hanno portato undici persone, tutte minorenni tranne uno, in aula magna, hanno tolto loro i cellulari e li hanno identificati”. È dopo che gli animi si sono scaldati. Un giovane, come appare in un video diventato virale, si è aggrappato al cancello dell’istituto in segno di protesta ed è stato strattonato. Occupato, liberato e ri-occupato invece il liceo classico Pilo Albertelli all’Esquilino, zona centralissima della Capitale: gli studenti hanno invaso gli spazi esterni e hanno esposto lo striscione “Bianchi vienici ad ascoltare”. La richiesta, anche in questo caso, rivolta all’indirizzo del ministro. Anche in altri istituti superiori è scattata la protesta nella mattinata del 14 dicembre a Roma. Al liceo classico Giulio Cesare gli studenti hanno annunciato l’autogestione, all’artistico Enzo Rossi è stata avviata l’occupazione come al liceo scientifico Teresa Gullace. In tutto, in questo momento, a Roma ci sono più di venti plessi in occupazione, stando a quanto riferiscono gli studenti dell’Osa, anche se sono oltre 40 quelli che da settembre a ora hanno visto la stessa forma di protesta e che in diversi casi si è poi sciolta. Risultano occupati a oggi, da nord a sud della città, i licei classici Giulio Cesare, Pilo Arbertelli, Eugenio Montale, Bertrand Russell, Augusto, Socrate e Plauto; i licei artistici Argan ed Enzo Rossi in via del Frantoio; i licei scientifici Giovanni Keplero, Tullio Levi-Civita, Teresa Gullace, Farnesina; gli istituti tecnici Enzo Ferrari, Di Vittorio-Lattanzio, Caetani, Margherita di Savoia, Gaetano De Santis, Blaise Pascal.

L’APPELLO – “Le proteste vanno avanti da due mesi a Roma e rappresentano il malcontento accumulato dagli studenti”, racconta ancora Lini. “Tutti i governi degli ultimi vent’anni, di centrodestra o di centrosinistra, hanno lavorato per fare della scuola una gabbia più che un luogo di emancipazione collettiva e individuale. Il governo Draghi e il ministro Bianchi sono i responsabili dell’attuale situazione drammatica nelle scuole. È verso di loro che è indirizzata la protesta ma non accettiamo nessuna strumentalizzazione da parte dei partiti responsabili del disastro attuale, dal Partito democratico alla destra di Fratelli d’Italia e della Lega”, conclude.

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