In genere quando un cileno di sinistra si lamenta che c’è una formidabile campagna mediatica della destra, confesso che non gli do tanto retta. Però… nel giro di poche ore ho sentito la radio che ascoltava il taxista (Radio Agricoltura) rilanciare il dibattito sulle presunte molestie sessuali di Boric (di dieci anni fa). Sono arrivato a casa di Claudina Nunez e la tv accesa (credo su Chilevision) era scatenata in pseudo cronache sui mercatini di Natale che stanno diventando un far west di conflitti a fuoco. Ho acceso più tardi il sito di Emol (Mercurio online, il primo giornale del Cile) e il primo blocco di notizie, per qualche ora, era dedicato agli esponenti di destra che chiedono a Boric un più serio test antidroga, per dimostrare che non è un drogato.
Mai le campagne elettorali della destra erano andate così pesanti sulla persona del candidato avversario. Alla poblacion La Victoria, quartiere popolare di tradizioni rosse, sono andato per incontrare nel suo ambiente la ex sindaca, ora consigliera regionale, comunista, Claudina Nunez. Figlia di un minatore, è cresciuta con la Poblacion, una “toma”, occupazione di terreni nel 1957, la autocostruzione di migliaia di baracche poi diventate casette.
La Victoria ha una storia drammatica di lotta contro la dittatura, una storia ravvivata da pitture murali recenti e da lapidi. Ma ha anche subìto, come tutti i quartieri popolari, dei processi disgregativi, e nella sotto-occupazione cilena e immigrata e nelle mode consumiste hanno preso piede il narcotraffico e la microcriminalità. Non dall’estallido, ma anche da prima. Claudina lamenta l’impotenza dei sindaci, la mancanza di incisività di una polizia militarizzata e incapace di controllare il territorio, con le risorse – dice – concentrate nella sicurezza dei comuni ricchi (e di destra), non di quelli poveri.
Facciamo un breve giro del quartiere e si vede tutto: negozietti e “mercatini di Natale”, sedi di associazioni e del Pc, giovani con l’aria un po’ losca e un po’ alterata che smanettano sui tablet, omaccioni che sembrano insultarsi, donne che mi mostrano i vasi rossi di plastica appesi agli alberelli, una sorta di micro-orti comunitari dove chi vuole prende menta e basilico. Sarà un caso ma, tranne il vecchio che tiene aperta la sede del Pc, son tutte donne quelle con cui comunichiamo, compresa quella che sta cucinando alla “olla comun”, la mensa gestita da volontari. Donne che ci dicono che non vanno a votare perché “da lo mismo” (non cambia niente) ma poi una ammette che ha perso il diritto al voto per una condanna. Donne che, ovviamente, bisogna votare per Boric, ma una un po’ anziana dice “poi non lo lasceranno governare, non gli lasceranno fare le cose”.
Questa dichiarazione colpisce molto Claudina che ci rimugina sopra.”Vedi, qui soprattutto le persone dai 50 anni in su sono prese in mezzo da diverse paure. La paura della destra, la paura della delinquenza. Ma per contrastare queste paure c’è una sola possibilità, c’è una sola speranza, è quella di mettersi con pazienza con Boric, che è giovane, quello che ci vuole”.
E come cerchi di convincere le persone che non hanno votato al primo turno (più del 50%)? “Prima di tutto li/le ascolto, li lascio sfogare, poi, se vedo che son disposti a dialogare, insisto sul fatto che ci sono solo due alternative”.
Mi presenta la mamma 87enne (una “vecchia compagna”), la figlia, il nipotino.
Scrivo questa puntata del mio diario in un posto che è a poche centinaia di metri sia dalla casa in cui ero il giorno del colpo di Stato che dal luogo in cui venni arrestato. Il riferimento è rarefatto. A scanso di equivoci, non penso affatto che ci sarà un colpo di stato se vince Boric né che il Cile verrà militarizzato se vince Kast. Ma gli scontri, anche in senso materiale, che deriverebbero da una vittoria di Kast, farebbero tornare indietro tutto l’orologio.