Reduce dal Sardinia Festival di Sassari dedicato ai corti internazionali di animazione, ho la sensazione di aver respirato aria fresca. Chiamata dal direttore Luca Raffaelli come giurata, mi sono fatta un’idea abbastanza precisa della produzione mondiale dei nostri tempi. Ottanta corti preselezionati su 1500 inviati, un vincitore del “grand prix”. L’animazione nel mondo – viva oggi come non mai – è in mano ai giovani che si cimentano in produzioni straordinarie, con pochi soldi, usando tecniche variegate e raccontando le emozioni più vere che circolano nel cuore e nella mente di donne, uomini e bambini in questi nostri complicatissimi giorni.

“L’animazione è fortemente simbolica”, mi ha detto Damien Perea, attivissimo direttore del festival Animayo delle Isole Canarie, una kermesse nota in Europa e nel mondo che, oltre a proiettare film, raduna esperti che insegnano in workshop aperti a grandi e bambini le tecniche del corto animato “.. e incide sugli spettatori più profondamente del cinema. Il disegno infatti è un concentrato di significati mitologici, ancestrali. I cartoni che i bambini guardano in quantità industriale vanno scelti con attenzione da parte dei genitori, perché contengono messaggi subliminali? Possono essere estremamente formativi o al contrario, pericolosi”.

Il disegno animato dunque può essere molto più incisivo dell’immagine filmata.

In effetti, guardare un migrante in fuga disegnato drammaticamente a inchiostro di china su carta, può risultare più incisivo di una rappresentazione reale che ormai guardiamo con indifferenza al Tg durante il pranzo. Gli autori dei cartoni vogliono arrivare al cuore in pochi minuti, non hanno un’ora e mezza a disposizione come nelle pellicole né tanto meno nelle lunghissime serie TV.

Quali sono dunque i temi dei film presenti al Festival? Il vincitore “How my grand mother became a chair” del libanese Nicolas Fattouh, racconta con segno nervoso e colori acidi la morte di una nonna. La donna malata e anziana a poco a poco diventa di legno e si trasforma in una sedia che il nipote affranto si carica in spalla, come nella mitica immagine di Enea e il padre Anchise. Il giovane libanese ha messo in campo niente meno che il Mito e le fiabe archetipiche. La nonna di legno assomiglia al nostro Pinocchio, ma la storia si svolge al contrario, da carne ed ossa a oggetto. È il racconto disperato e gentile della morte, il tema più tabù del momento. “Abandoned village” di Miriam Kapanadze, georgiana, ci parla di un villaggio abbandonato per mancanza di cure e amore, non meno di un essere umano. Il fotogramma che ritrae un borgo poverissimo nel cuore della steppa, non cambia mai per lunghi minuti. Non ti annoi, rimani ipnotizzato. Solo piccoli dettagli e luci misteriose ci dicono che il tempo passa.

La giovanissima italiana residente a Londra Lucia Bulgheroni, una delle tantissime donne registe presenti al festival, affronta il tema del femminismo e della violenza alle donne con satira pirotecnica. L’inquinamento atmosferico è trattato in “Haboob” di Mahsa Samani, Iran (numerose le registe iraniane), con originalità sublime. Il cartone è interamente disegnato con un dito immerso nella densa polvere che ricopre un’auto nel villaggio più inquinato del mondo. Non mancano temi come emigrazione, anoressia, amore, solitudine, morte, abbandono. La pandemia è quasi del tutto assente. Tutti gli argomenti sono trattati con fantasia, acume, originalità, coraggio, pregi che spesso non si trovano nel main stream, più politicamente corretto. Le tecniche sono spesso sperimentali: mosaico, sabbia “incisa”, sassolini, fotografia mista a disegno, plastilina, cinema…

Rifletto sul fatto che disegnare “anime” in movimento sia un linguaggio di nicchia, un po’ per addetti ai lavori, tenuto in disparte proprio perché affronta (col bisturi e la poesia) temi vitali, in un mondo in cui ci stiamo abituando all’appiattimento e alla superficialità. Sarà per questo motivo che le donne animatrici di tutto il mondo eccellono in questa arte? Perché possono finalmente parlare senza censure e con investimenti economici modesti (noi femmine siamo abituate ahimè ad essere pagate poco) di quei temi fondanti che conoscono così bene? Hanno ringraziato la giuria su Zoom, le autrici dei cartoon. Le abbiamo salutate sullo schermo nel bellissimo cinema di Sassari. Sono ragazze allegre, entusiaste e piene di progetti. Spesso produttrici di se stesse.

Ci siamo divertiti al Sardinia Festival. Ho conosciuto finalmente Luis Nieto, il folle regista colombiano di stanza a Parigi, e Nicola Piovesan, giovane genio veneziano che si è trasferito a Tallinn, città super moderna dove non esiste la burocrazia e si vive bene a 25 gradi sotto zero. È lì che Nicola ha aperto in pochi giorni la sua società di produzione di Cartoni, in Italia non gli è riuscito.

Ma con noi c’era anche il grande Manfredo Manfredi che con Luzzati, Gianini, Manuli e Bozzetto ha scritto e disegnato la storia dell’Animazione italiana. Di Manfredi hanno proiettato il corto sull’Inferno di Dante. Raramente ho visto una rappresentazione così drammatica e realistica e meno banale di Dante.

Tipi originali i cartooners, cervelli freschi, ironici, ottimisti. In un periodo così cupo e buio, le “anime” mi hanno illuminato.

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