Ha mai avuto la percezione che David Rossi stesse per uccidersi? “Assolutamente no. Al termine del colloquio mi ha detto “ci vediamo il 13, grazie per tutto, mi ha fatto bene parlare un po’”. Non ho avuto la minima percezione che lui stesse per prendere una decisione del genere. Anzi, ho lasciato una persona che era molto lucida e “sul pezzo” rispetto alle cose che avrebbe dovuto fare”. È il passaggio chiave dell’audizione di Carla Ciani, la mental coach del Monte dei Paschi di Siena che ebbe un colloquio di circa due ore con Rossi la mattina del 6 marzo 2013, lo stesso giorno in cui il suo cadavere fu trovato sul selciato su cui si affacciava il suo ufficio di Rocca Salimbeni. Di fronte alla Commissione parlamentare che indaga sulla morte del manager, Ciani ha ridimensionato la portata delle dichiarazioni che rese ai pm di Siena una settimana dopo il fatto, in cui raccontava la “situazione di ansia” manifestatagli da Rossi, “derivante dalla perquisizione subita, in un contesto già problematico (lo scandalo finanziario che aveva colpito la banca, ndr)”, “un momento in cui gli stava cadendo addosso il mondo“. Passaggi che furono usati dal gip per motivare l’archiviazione dell’ipotesi di istigazione al suicidio.
Ora la coach ripercorre il contesto dell’incontro, il primo appuntamento in quello che avrebbe dovuto diventare un percorso di supporto: “Non c’era persona in Mps che non fosse agitata e stressata, era una situazione diffusa, tutti erano colpiti dalla situazione che stavano vivendo”. E dice di non aver “riscontrato nessuna particolarità” nell’atteggiamento di Rossi rispetto a quello di altri dirigenti in situazioni di crisi: “Era una reazione facilmente comprensibile, addirittura adeguata al contesto: aveva visto i propri colleghi trasformarsi in indagati, tutto ciò che riguardava la banca era riportato con grande enfasi mediatica, le dichiarazioni dei nuovi dirigenti parlavano di “discontinuità” rispetto alla passata gestione, di cui lui era parte integrante. Ovviamente poi ci sono modi diversi di affrontare lo stress e le ansie, dipende anche da come le persone sono supportate nell’ambiente familiare”, spiega Ciani. Che precisa di non avere in ogni caso la competenza per valutare depressione o tendenze suicidarie: “È un malinteso immaginare che il coach sia uno psicologo o un soggetto che va ad analizzare gli aspetti psicologici, tutt’altro. Il coach è un facilitatore, che ha lo scopo di stimolare il confronto tra le persone”.
Il giorno dopo la morte, in Mps “erano tutti attoniti“, ricorda. “Nessuno si aspettava che David potesse compiere un gesto suicida”. Anche se, puntualizza, “ho visto che in un libro uscito di recente alcune mie frasi dette alla Procura sono state messe in un ordine diverso ed enfatizzate, allo scopo di ottenere determinate dichiarazioni. Ripetere due o tre frasi in un certo modo può orientare chi legge a farsi un’idea di un certo tipo”, anche se “le mie dichiarazioni non davano in nessun modo conferma che sarebbe potuto succedere quello che è successo”. E alla domanda del deputato di Leu Federico Fornaro se ritenga credibile l’ipotesi del suicidio risponde: “Ci sono tanti elementi che rendono credibile il suicidio e altrettanti che tendono ad altro. Io, come altri, sono in attesa che si faccia luce“.